Gabriele CanèCi mancava solo il museo Marini, lo scrigno di rara e poco conosciuta bellezza, che contiene la Cappella Rucellai con il Sacello del Santo Sepolcro. Peccato che contenga anche un disavanzo di 400mila euro e sia praticamente chiuso da un paio di mesi. Disavanzo che non nasce da eventi naturali o dal malvolere degli uomini: una mostra faraonica (nei costi) per un contenitore di nicchia, dunque con un passivo scritto nella carta prima dell’apertura, e certificato al momento della chiusura; con il vuoto, tra gli altri, aperto dall’azzeramento dei contributi della Fondazione Cassa, che ha preso la bella abitudine di finanziare solo progetti di qualità. Risultato: il Marini bussa lamentoso alle porte del denaro pubblico (Palazzo Vecchio già eroga 195mila euro ogni anno!) per non chiudere definitivamente. Un’altra Pergola, insomma, un altro Maggio, nobili istituzioni che hanno spesso vissuto al di sopra dei loro mezzi e delle loro qualità fino all’inevitabile (?) salvataggio di messer Pantalone, cioè di noi contribuenti. Cosa che speriamo non accada per il Marini che con la presidenza di Patrizia Asproni aveva lasciato zero debiti e un attivo in eredità. Un ente, dunque, in cui non esiste un passivo per Dna, ma per gli esiti della gestione. Lo speriamo, con rammarico, perché è giusto che la cultura abbia incentivi pubblici. Eccome. Ma è immorale, fuori dall’attuale momento storico/economico che arrivino sempre e comunque, anche quando i soldi sono mal spesi. Quindi, al Marini si diano da fare per tappare il buco. Del resto, a proposito di momenti, sembra che la città viva una sorta di bradisismo "culturale". Con i brividi per l’insegna al neon a Palazzo Strozzi, e l’ingorgo "artistico" tra le statue giganti di Giannelli e la scultura luminosa di Lodola alle spalle del Duomo, e relativa coda di critiche e insulti tra addetti ai lavori. Almeno questi, fortunatamente gratis.
CronacaMuseo Marini. Niente aiuti per il deficit