
Manuel de Falla y Matheu, è stato un grande un compositore spagnolo, esponente dell’impressionismo musicale
Il nome di Manuel De Falla è ben noto ai fiorentini, i quali hanno più volte avuto occasione di apprezzarne le composizioni da camera e, nei concerti sinfonici, le suites tratte dai suoi balletti; ovunque egli è considerato come il più significativo rappresentante della Spagna musicale contemporanea, come uno fra i più puri ed eletti artisti della nostra epoca. Nato a Cadice nel 1876, egli studiò a Madrid sotto la guida di Pedrelli, seguendo l’esempio del suo grande maestro e dei suoi maggiori predecessori Albeniz e Granados egli ricondusse la sua arte alle pure fonti della musica popolare spagnola, e da questa derivò gli aspetti fondamentali della sua personalità.
Dal 1907 al 1914 visse a Parigi, ove al contatto della musica francese (particolarmente di Debussy e Ravel), la sua arte si andò notevolmente raffinando, specialmente dal lato armonico, e si liberò dalle ridondanze esteriori e retoriche che ancora gravavano sulle musiche dei suoi predecessori. Frattanto giungeva e trionfava a Parigi la compagnia dei Balli Russi, diretti da Serge de Diaghilew, e questi diedero nuovo impulso e nuovo orientamento alla sua visione teatrale.
Tornato in patria nel 1915, egli si stabilì a Granada, ove dimora abitualmente, in un piccolo eremo sulla collina dell’ Alhambra, lavorando nel più austero raccoglimento. Non molto numerosa è, relativamente, la sua produzione; una diecina di liriche, pochi pezzi per pianoforte, un concerto per pianoforte e orchestra, Notti nei giardini di Spagna, un altro Concerto per clavicembalo e sette strumenti; un’opera in due atti: La vita breve, due balletti Il cappello a tre punte e El amor brujo, ed una rappresentazione per burattini El retablo de Maese Pedro; tali le sue opere, almeno quelle edite e conosciute.
Ma se in quantita non è sovrabbondante, la qualità (ed è quella che più conta) è sempre superiore: non c’è, si può dire, in tutta la produzione di De Falla, una pagina che si possa dimenticare o scartare, un lavoro che non dimostri la raffinata sensibilità dell’artista e la sicura maestria dell’artefice. Particolarmente notevole è la sua evoluzione nel campo teatrale. La vita breve (l’opera che vent’anni dopo la prima rappresentazione a Parigi, è stata recentemente accolta, come una novità, alla Scala di Milano...) non appare ancora completamente significativo, e, a parte il valore pittoresco delle danze e di qualche pagina descrittiva reca le tracce del melodramma francese predebussiano (tipo Massenet), perfetti si possono invece considerare, nell’espressione musicale e scenica, i due balletti: Il cappello a tre punte (tratto da una graziosa novella di Pedro de Alarcon) evoca, attraverso una vicenda giocosa, i fasti e lo spirito della Spagna settecentesca; l’altro El Amor brujo ci conduce, attraverso una bizzarra storia di amori e di superstizioni, ne” Spagna, misteriosa dei Gitani.
Tale era, fino al 1923, la produzione teatrale di De Falla; e chi avesse voluto, a quell’epoca, tentarne una definizione (come io feci appunto nel primo studio che, in qull’anno, scrissi sull’argomento) avrebbe potuto chiamarlo lo stilizzatore dell’elemento popolare spagnuolo. Ma da allora un nuovo aspetto è apparso nell’arte sua: lo studio de clavicembalisti spagnuoli, contemporanei e successori di Domenico Scarlatti (lo stesso Scarlatti visse, com’è noto, lungamente alla Corte di Spagna, - se dobbiamo credere alle recenti ricerche di Joachim Nin avrebbe assimilato ritmi e movenze della musica spagnuola) lo ha condotto ad una nuova concezione, ancor più sintetica e raffinata e, sotto un certo aspetto, arcaicizzante: frutto di tale orientamento sono il Concerto per clavicembalo (eseguito anche a Siena nel Festival Internazionale del 1928) e El retablo de Maese Pedro, dove pure il clavicembalo ha, nel tessuto strumentale, una parte importante.
Non si deve intendere quest’orientamento di De Falla alla stregua di quel neo-classicismo che ha infestato in questi ultimi anni la musica contemporanea, ricalcando troppo spesso freddamente schemi, ritmi e figurazioni melodiche di opere sei-settecentesche: l’arte di De Falla si muove, anche in questa nuova e più ristretta cornice, in piena libertà di fantasia.