Firenze, 24 settembre 2023 – Giorgio Napolitano era un autentico cultore del Risorgimento. A un anno dalla sua elezione al Quirinale, nel 2007, fu a Firenze per l’inaugurazione della mostra dedicata a Garibaldi per i duecento anni dalla nascita, promossa dalla Fondazione Spadolini Nuova Antologia e dalla Fondazione Turati nell’ambito del Comitato Nazionale per le celebrazioni garibaldine. Lo accolsi a Palazzo Pitti, per illustrargli la mostra, allestita nel quartiere della Meridiana. Ricordo un particolare curioso. La Banda dei Carabinieri era pronta a suonare l’Inno, ma il cerimoniale lo ritenne non appropriato. Il Presidente si era recato prima a Palazzo Vecchio e il Canto degli italiani non era stato eseguito: come consentirlo ad una iniziativa privata? Ripiegammo così sull’Inno di Garibaldi, particolarmente legato all’eroe dei due mondi.
2009. Ricorrono i 150 anni dalla pubblicazione del nostro giornale; Napolitano viene a Firenze e prende parte al prestigioso anniversario della Nazione. Si allestisce una esposizione alla Galleria delle Carrozze con gigantografie di pagine del quotidiano, fra documenti e cimeli del 1859-60. "Sorpresa" del Presidente, ricevuto da Marisa e Andrea Riffeser, nel constatare come il foglio voluto da Bettino Ricasoli fosse stato "decisivo" per l’annessione della Toscana al Regno di Sardegna e la realizzazione dell’Italia unita. Dopo il 150° dell’unità, nel 2011, la battaglia più difficile: il riconoscimento definitivo del Canto degli italiani quale Inno nazionale. Lo era di fatto, più volte però messo in discussione: non lo avevano indicato i padri costituenti, a differenza della bandiera tricolore, bensì un semplice decreto "provvisorio" del governo De Gasperi. Occorreva consacrarne la definitiva ufficialità. Può sembrare un paradosso, il percorso però non è stato facile. Proposi al Presidente di proclamare Genova città dell’inno, poiché proprio a Genova nel 1847 erano inizialmente risuonate le note di Fratelli d’Italia. Così come Reggio Emilia è la città del tricolore.
Napolitano ritenne possibile la proposta, preferiva tuttavia un atto legislativo. Non ebbe la soddisfazione di promulgare la legge che riconosceva il Canto di Goffredo Mameli quale inno della nazione, datata 2017, di un anno successiva alla sua uscita dal Quirinale, ma l’obiettivo finalmente raggiunto è stato per tanta parte merito suo.