"La Cappella dei Pazzi non è opera di Filippo Brunelleschi ma di Michelozzo".
Crolla un capisaldo della storia dell’arte del Rinascimento?
Ne è convinto Marvin Trachtenberg, storico dell’architettura e critico d’arte statunitense, che da anni ormai cerca di confutare l’attribuzione di uno dei monumenti più celebri del complesso di Santa Croce a Firenze, al padre della Cupola di Santa Maria del Fiore. A spiegare il perché di questa teoria, sarà lo stesso Trachtenberg oggi pomeriggio alle 17 nel Cenacolo di Santa Croce, dove è atteso per la presentazione del suo libro dal titolo “Cappella Pazzi. Brunelleschi il mito, Michelozzo l’autore“, da poco edito da Electa.
"La sua somiglianza con la Sagrestia Vecchia di Brunelleschi in San Lorenzo, che anche Michelangelo riteneva inarrivabile – spiega il critico americano –, ha indotto a ritenere la Cappella Pazzi opera di messer Filippo. Ma un esame accurato dei dettagli e la logica costruttiva, dimostrano che questa somiglianza è soltanto apparente. La Cappella Pazzi non solo ne varia il modello, ma lo sovverte e lo contraddice; l’antitesi stilistica tra i due edifici coinvolge ogni aspetto del progetto e dell’esecuzione".
Non che Michelozzo (1396-1472) sia autore di poco conto, in quanto è uno scultore e architetto italiano fondamentale nella diffusione del linguaggio rinascimentale. Ma insomma, ci sarebbe una storia da riscrivere.
La costruzione della Cappella iniziò nel 1442, quattro anni prima della morte di Brunelleschi (1377-1446), e fu parzialmente completata nel 1460. Affacciata sul primo chiostro, fu edificata in seguito all’incendio che interessò quell’area nel 1423. A commissionarla fu Andrea de’ Pazzi, esponente di una delle più influenti famiglie fiorentine, per avere la cappella gentilizia più bella della città.
Si è sempre ritenuto che Brunelleschi ne abbia elaborato il progetto tra la fine degli anni Venti e il decennio successivo, e diretto i lavori fino alla morte nel 1446. La costruzione fu lunga e nuovamente interrotta nel 1478, in seguito alla Congiura dei Pazzi orchestra ai danni di Giuliano e Lorenzo de’ Medici. Banditi e condannati alla damnatio memoriae, dei Pazzi non rimase più niente, in città, compreso l’archivio di famiglia. E questo è uno degli argomenti forti di Trachtenberg: "Sui documenti della Cappella sembra esistere una maledizione – afferma –. anche l’altra principale e possibile fonte, l’archivio di Santa Croce, è andato distrutto in un incendio dell’Ottocento. La debole rete di informazioni non consente l’attribuzione della Cappella".
Ma è soprattutto sulla parte stilistica che lo storico dell’arte insiste: "Dettagli chiave come i capitelli angolari involuti e il sistema dei pilastri – spiega –, da sempre considerati espressioni essenziali dell’opera di Brunelleschi, mi parvero nella Cappella privi della logica progettuale e della perfezione esecutiva".
La sua convinzione è dunque che la Cappella Pazzi di Santa Croce non sia opera di Filippo Brunelleschi ma di Michelozzo (Michele di Bartolomeo Michelozzo), che dopo gli inizi con Ghiberti lavorò con Donatello al monumento funebre dell’antipapa Giovanni XXIII e al pulpito del Duomo di Prato prima di costruire ville e castelli medicei nell’area fiorentina.