Firenze, 21 gennaio 2025 – Rapide strette di mano solo in apparenza innocue celano scambi loschi. Soldi e droga. Pupille dilatate, passi svelti, sguardi furtivi nascosti sotto enormi cappucci, mutande e calzini che contengono più del dovuto. Mentre il respiro si fa sempre più alticcio, le parole diventano sconnesse. Strisce di coca su per il naso, pipe per il crack che passano di bocca in bocca tra amici improvvisati, siringhe per terra e vene gonfie. C’è una Firenze notturna che nessun turista vorrebbe vedere, ma che il nucleo antidegrado della Municipale conosce come le sue tasche.
È il 17 gennaio, poco dopo la mezzanotte, il freddo è pungente. Al comando di polizia municipale di Porta al Prato, Alberto, responsabile della polizia giudiziaria e coordinatore del reparto antidegrado, brucia l’ennesima sigaretta della giornata, è la prima del turno. Su in centrale i telefoni del pronto intervento iniziano a squillare, mentre dall’altra parte della scrivania, con gli occhi fissi sullo schermo, c’è chi monitora le telecamere.
Ore 24.30
Il punto di ritrovo della squadra è giù in cortile. Giubbotti pesanti, cappellini, guanti e scarponi. Massimiliano, responsabile del reparto, arriva con altri cinque agenti in borghese, spalle larghe e sguardi impassibili. Il programma è il solito: un giro tra le zone più calde, per poi piazzarsi nei punti strategici e intercettare la compravendita del bottino di furti e spaccate. Le macchine sono tre, tra cui ’Lupa’, quella con la cella, “ce l’abbiamo solo noi e la Municipale di Torino”. “Si dà un occhio allo Strizzi” (il bar in via Mariti).
Ore 24.50
Il suono della ricetrasmittente mette in allerta e fa calare il silenzio in auto, una voce concitata chiede rinforzi, proprio allo Strizzi. Lampeggiante sul tettuccio e via. La pattuglia sfreccia tra le auto, fino al locale, qui le gomme graffiano l’asfalto in frenata e le portiere si spalancano in anticipo. Gli agenti rincorrono un ragazzo che corre giù per il letto del fiume dove, complici il buio e la sterpaglia, riesce a sparire. In mano a un poliziotto rimane un cappellino e una decina digrammi di hashish. “Va bene così, è solo l’inizio”.
Ore 1.15
Dalla centrale avvisano di strani movimenti alle Cascine: “Al ponte della tramvia, dietro al casottino rosso, c’è un gruppetto di cinque persone e uno di loro ha tirato fuori un sacchetto bianco e si è messo qualcosa nelle scarpe”. “Si va a vedere”. La Lupa passa per i binari e si intrufola fra le transenne, arrivando sotto al muso del gruppetto. Sono ancora lì, accasciati al muretto, con i riflessi rallentati e visibilmente alterati. Gli agenti si concentrano su uno solo: “Hai siringhe in tasca?” aspettano il ’no’ e poi ci mettono dentro le mani e gli fanno togliere le scarpe. Niente. Addosso ha solo una pipa per fumare il crack.
Ore 1.30
“Il crack non costa nulla. Per procurarsi una dose bastano 5 euro e infatti spaccano le auto per racimolare qualche spicciolo - raccontano -. Chi lo fuma è soprattutto gente disperata, ma quando sono sotto effetto possono diventare aggressivi”. A quanto pare è tornato sulla piazza dopo il Covid e da lì c’è stato un incremento esponenziale, di eroina invece ce n’è poca, mentre la cocaina, si sa, segue altri percorsi e ha anche altri clienti.
Ore 2.00
La stazione è deserta, a parte qualche senzatetto che cerca riparo sotto i piumoni pregni di umidità. Nella desolazione si fanno notare quattro giovani, hanno il viso da ragazzini, sbarbato, ma ostentano espressioni e atteggiamenti da grandi. Uno trascina un trolley, ma all’interno niente di più che vestiti. “Stanno arrivando tanti giovanissimi dalla Tunisia, talmente tanti che i centri di accoglienza stanno esplodendo. Molti di loro, una volta per strada, finiscono per diventare manovalanza per spaccio e piccoli furti”.
Ore 2.15
Il telefono squilla di nuovo, è sempre la centrale: “Quattro persone nella Grotta del Frate”. Lì fuori c’è chi chiacchiera, la combriccola non si smuove alla vista dei poliziotti. Tra di loro una donna, napoletana. “La conosciamo, da tempo dorme per strada dopo esser scappata dal marito violento, per finire tra le braccia della droga”. Nella grotta, invece, si beve e si fuma lontano da occhi indiscreti. Un odore acre di alcol, hashish e urina arriva dritto al naso e nemmeno l’aria fredda riesce a neutralizzarlo. I partecipanti alla festicciola privata escono uno dopo l’altro, accompagnati sotto braccio dagli agenti. Svuotano le tasche e aprono gli zaini, poi se ne vanno barcollanti.
Ore 2.45
Alla radio passano ‘Celebration’ di Kool & The Gang, le note accompagnano per le vie di una città ormai assonnata e infreddolita. Piazza Duomo, San Lorenzo, via Nazionale. In giro solo gli ultimi superstiti della notte, con lo sguardo spento e un gran mal di testa all’orizzonte. Ci si ferma per una pausa nell’unico bar aperto a quest’ora, il caffè in bocca ha un sapore di sbagliato, sa di fuori orario. “L’antidegrado è nato per stanare i venditori ambulanti - raccontano gli agenti - , ma negli anni il lavoro è cambiato dovendosi adattare al nuovo tessuto sociale. Abbiamo iniziato a occuparci di droga, prostituzione, furti”. Accedere al reparto è prima di tutto una scelta. “Deve piacerti l’adrenalina” poi la selezione è per attitudine e anzianità di servizio, servono almeno cinque anni di esperienza su strada. Le donne sono ancora poche, una decina su 50 agenti: “Ne servirebbero di più. Quello che conta in questo lavoro non è tanto la prestanza fisica, ma la capacità di leggere e gestire le situazioni”.
Cosa si rischia? “Capita di prendersi qualche pugno, qualcuno si è rotto un dito o una costola. Per fortuna mai niente di grave. Il peggio sono gli sputi e i morsi, se li prendi devi fare tutta la profilassi per il rischio di malattie infettive, ed è una seccatura”. Per difendersi, oltre alla pistola di ordinanza, che “non abbiamo mai usato per sparare” c’è lo spray al peperoncino. “Fa il suo dovere e difficilmente crea danni permanenti”. E il taser? “Non siamo convinti della sua efficacia e ti espone a troppi rischi vista la celerità di azione. Sinceramente preferiamo non correrli”. A questo punto si fa un salto all’Isolotto, al parcheggio di viale Nenni, che solitamente è luogo di spaccate, ma la nottata sembra tranquilla e non c’è neppure un’ombra tra le auto. “Il freddo aiuta a tenerli lontani”.
Ore 4.15
Un salto in centrale per fare il punto, prima di tornare alle Cascine. Ma l’occhio elettronico cade sul solito casottino. Questa volta sono in tre, nell’angolo, a condividere la coca, e uno di loro maneggia un rotolo di cellophane e un accendino. Sta preparando le dosi e man mano che sono pronte le mette in un borsellino e lo nasconde nei jeans. “Avvisa gli altri e andiamo”.
Ore 4.45
Il tipo viene intercettato subito: “Tira fuori la roba” lui alza le mani, ma nega di avere qualcosa. Il borsellino deve essere lì, da qualche parte: si rovista a mani nude nel cestino della spazzatura, tra i cespugli, nelle fioriere. “Bingo”. All’interno una carta prepagata senza intestatario, frammenti di hashish nel fondo, e sei ovuli.
Ore 5.30
In due caricano il ragazzo in auto e lo portano alla Scientifica per prendere le impronte digitali, mentre gli altri vanno in centrale. Si deve fare rapporto, pesare la ’roba’ e testarla prima di disporre il sequestro: tre grammi scarsi di cocaina e uno di hashish. Verrà denunciato a piede libero.
Ore 6.00
È ancora buio, il sole d’inverno è timido. La città sbadiglia e apre gli occhi, ma per il ’branco’ di segugi dell’antidegrado è tempo di tornare a casa. “La prima regola quando si esce è tornare sani”. E anche per questa volta è andata.