
L’arcivescovo Gherardo Gambelli accende il ’fuoco nuovo’ sul sagrato del Duomo, all’inizio della Veglia di Pasqua
Firenze, 20 aprile 2025 – «Abbiamo bisogno di un'intelligenza relazionale, oltre a quella artificiale ben sapendo che come affermava Papa Benedetto XVI 'la società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli’», «solo vincendo la tentazione dell'isolamento, della chiusura in noi stessi possiamo superare le paure e gli inganni ed essere capaci di intuizioni, parole e gesti di speranza».
Lo ha detto l'arcivescovo di Firenze, monsignor Gherardo Gambelli, nell'omelia proclamata in Cattedrale nella domenica di Pasqua. In apertura, richiamando lo Scoppio del carro, l'antica tradizione fiorentina che si svolge davanti al Duomo prima della messa pasquale, l'arcivescovo ha anche detto: «Come sarebbe bello se nel mondo i fuochi, le luci e i botti somigliassero tutti a quelli che abbiamo visto e udito oggi al canto del Gloria al momento dello scoppio del carro. Purtroppo, proprio mentre ci prepariamo a ricordare gli ottanta anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, i rumori delle armi, delle bombe, dei missili continuano a risuonare prepotentemente intorno a noi, al punto tale che oggi un progetto con grandi obiettivi per lo sviluppo di tutta l'umanità suona come un delirio, la pace sembra un'utopia e quanti si impegnano per la sua realizzazione vengono giudicati come degli ingenui».
Gambelli ha anche invitato a imparare «a saper dire grazie a tante persone che spesso nel nascondimento si impegnano al servizio del bene comune. Penso in particolare a quanti si spendono per educare tanti giovani che hanno perso fiducia nel futuro, sono disorientati, abbandonano la scuola e il lavoro, rischiano di cadere negli inganni delle dipendenze o di sviluppare atteggiamenti violenti», a coloro «che non si stancano di difendere i diritti dei lavoratori a un impiego stabile e sicuro, soprattutto in questo tempo segnato da numerose crisi aziendali, anche nel nostro territorio», «a quanti cercano di rispondere al problema dell'emergenza abitativa, mettendo a disposizione case per accogliere famiglie, chi non ha grandi possibilità economiche, chi cerca rifugio fuggendo da situazioni di guerra o di fame, o chi esce dal carcere e tenta faticosamente di reinserirsi nella società».