Firenze, 2 dicembre 2023 – Le mani legate e quel cappuccio in testa fanno venire i brividi. E’ una modalità da criminalità organizzata quella usata durante l’omicidio di Kiomars Chaikar Safaei, il commerciante iraniano trovato morto giovedì nel suo appartamento in via Francesco De Pinedo. Eppure, il titolare del banco di souvenir al Porcellino, 72 anni di cui oltre la metà vissuti qui, non pareva proprio avere nemici. Anzi: era amato e stimato dai suoi connazionali e altri operatori del mercato della loggia. Uno dei primi iraniani arrivati in città, oltre quarant’anni fa, integratissimo, tifoso della Fiorentina che sosteneva dalla maratona.
Che sia stato ammazzato, non vi sono dubbi: il procuratore capo Filippo Spiezia ha aperto un fascicolo per omicidio volontario e in procura, dalle cui finestre si vede il palazzone di via De Pinedo dove l’iraniano viveva da solo, in un alloggio al sesto e ultimo piano, si sta lavorando alacramente per giungere rapidamente alla soluzione di un caso comunque inquietante.
Ma c’è ancora molto da definire. A livello medico legale, sarà fondamentale l’autopsia, il cui incarico verrà assegnato questa mattina nella stanza del pm titolare dell’indagine, Sandro Cutrignelli. Al consulente della procura verrà chiesto come e quando è morto il 72enne iraniano.
Perché da questi particolari si possono capire molte cose, da raffrontare con quello che emerge. La prima ipotesi è che chi ha bussato alla porta dell’ambulante iraniano lo abbia fatto mercoledì sera. Sicuramente prima di giovedì mattina, visto che l’ambulante quel giorno non è arrivato a lavoro, circostanza che ha messo in allarme uno dei suoi tre fratelli: dopo numerose chiamate senza risposta, si è precipitato a casa e ha scoperto il cadavere ormai privo di vita.
Non è detto, però, che in via Francesco De Pinedo, sia arrivata una sola persona. Immobilizzare Kiomars, incappucciarlo, finirlo, potrebbe richiedere la partecipazione di un altro soggetto.
L’autopsia dovrà anche stabilire come sia stato ucciso. Sembra superata la prima ipotesi dell’asfissia causata dal sacco sulla testa. Non si tratterebbe infatti di plastica, ma di un cappuccio in tela o comunque in una fibra meno oppressiva del nylon che avrebbe permesso comunque il respiro. Ma non la vista. Un dettaglio non secondario: più che per uccidere, quel sacco potrebbe essere servito a non far vedere a Kiomars chi aveva di fronte. Resta da capire se sia stato percosso. In piedi anche l’ipotesi di uno strangolamento.
Molte le tracce in casa: e tra quelle potrebbe esserci anche il dna dell’assassino, o degli assassini. Però, nel condominio di via De Pinedo nessuno ha udito niente di strano, nonostante l’alloggio sia stato ritrovato pure in disordine. Però il palazzo ha un impianto di videosorveglianza puntato sull’androne e in quella zona di periferia sono tante le telecamere pubbliche o private che potrebbero aver ripreso qualcuno arrivare o allontanarsi dal civico 58: la squadra mobile sta lavorando sodo alla ricerca del frame giusto. Ieri sono state acquisite moltissime immagini. Gli investigatori sono anche tornati sulla scena del delitto, sottoposta a sequestro.
E si scava anche nella vita dell’iraniano. Tutte le piste sono aperte. Certo, la rapina resta la prima pista da battere, visto che il commerciante maneggiava contanti, ma le particolari modalità - il nastro con cui gli sono stati legati i polsi, il sacco in testa - che ricordano un’esecuzione, sembrano “troppo“ per quello scopo. Ma chi potrebbe averci avuto questioni personali, con Safaei il commerciante buono del Porcellino?