STEFANO BROGIONI
Cronaca

Omicidio Ciatti, 23 anni al killer Ma il ceceno è ancora latitante Il papà di Niccolò: non è giustizia

Confermata la sentenza di primo grado. Non riconosciuti né i futili motivi, né la crudeltà . L’ira dei familiari della vittima: "L’hanno fatto scappare, ha fatto solo 4 anni di galera".

Omicidio Ciatti, 23 anni al killer  Ma il ceceno è ancora latitante  Il papà di Niccolò: non è giustizia

Omicidio Ciatti, 23 anni al killer Ma il ceceno è ancora latitante Il papà di Niccolò: non è giustizia

di Stefano Brogioni

Ventitré anni. Non un mese in più, non un giorno di meno. La condanna italiana per Rassoul Bissoultanov, l’assassino del fiorentino Niccolò Ciatti, resta la medesima. Ventritré anni, gli stessi inflitti in primo grado dalla Corte d’Assise di Roma, per il calcio alla testa sferrato sulla pista della discoteca St Trop di Lloret de Mar – dove Ciatti era in vacanza con gli amici – nell’agosto del 2017.

La conferma della precedente sentenza significa che fu un omicidio volontario, ma senza l’aggravante dei futili motivi o della crudeltà, carichi su cui erano invece imperniati i ricorsi sia della procura (rappresentata dall’aggiunto applicato Erminio Amelio e dal sostituto procuratore generale Debora Landolfi), che della famiglia, patrocinata dagli avvocati Agnese Usai e Massimiliano Stiz. "Questa giustizia non ci rappresenta", tuona visibilmente amareggiato, nell’aula di piazzale Clodio, Luigi, il babbo simbolo di una tortuosa battaglia che combatte con la moglie Cinzia e la figlia Sara ormai da quasi sei anni e ancora non si è conclusa: manca la Cassazione – sia quella italiana che quella spagnola – che deve mettere il timbro della definitività su una delle due sentenze, ma soprattutto manca l’imputato.

Bissoultanov è ormai latitante da un anno: è fuggito all’indomani della condanna ’light’ del tribunale spagnolo di Girona (quindici anni, il minimo per la legge iberica per un omicidio volontario) e nonostante il suo nome sia inserito tra i ricercati di tutto il mondo dell’Interpol, il ceceno, lottatore e professionista di Mma, si è come volatilizzato. "Lo hanno fatto scappare", prosegue Luigi Ciatti nel suo sfogo, "dopo che di anni di galera se n’è fatti soltanto quattro".

Già, perché oltre all’amarezza di una condanna che secondo la famiglia non è adeguata ("Si parla sempre di condanna esemplare, ma questa non lo è"), resta lo sconforto per le vicissitudini che hanno portato ai ritardi nei processi e anche alla clamorosa scarcerazione dell’imputato, preludio della sua fuga. L’Italia aveva infatti ottenuto l’estradizione di Bissoultanov, dopo il suo arresto in Germania durante un permesso concesso dal tribunale spagnolo per recarsi dai familiari a Strasburgo, ma con un provvedimento che è stato poi giudicato illegittimo dalla nostra Suprema Corte, venne rimesso in libertà.

Senza quel provvedimento, la strada processuale sarebbe stata un’altra: la Spagna avrebbe infatti interrotto il proprio procedimento per assenza dell’imputato, e l’Italia avrebbe portato a termine il proprio iter giudiziario. Invece, continua la gara fra le giustizie dei due Paesi: diventerà esecutiva la condanna di chi arriva primo alla sua definitività. L’Italia ha recuperato un discreto svantaggio, ma ora servono sessanta giorni per la pubblicazione delle motivazioni della sentenza e con ogni probabilità il difensore di Bissoultanov, l’avvocato Francesco Gianzi, presenterà il suo ricorso in Cassazione avendo interesse a portare a casa la condanna più clemente. In Spagna il terzo grado di giudizio non è stato ancora fissato, ma l’udienza che mette la parola fine potrebbe comunque arrivare entro la fine dell’anno.

Ma ad ammorbare ancor di più la faccenda, c’è anche l’assenza di Bissoultanov. Ogni organo di polizia ha la sua foto segnaletica in archivio, ma da dodici mesi a questa parte è riuscito a schivare qualsiasi controllo, evidentemente. Tanto che, tra le ipotesi che prendono sempre più corpo, c’è anche quella che possa aver trovato riparo in contesti di guerra. Tra la Russia e l’Ucraina, ad esempio.