Firenze, 17 gennaio 2025 – Un sottobosco di guerre quasi quotidiane per l’egemonia sul territorio. Bastoni, coltelli e perfino pistole per imporre la legge del più forte con la violenza.
Quella violenza che spesso tracima, come successo all’alba del 29 dicembre, quando Maati Moubakir, 17 anni, ha perso la vita per un’aggressione feroce, ma dai motivi ancora molto sbiaditi e comunque sempre e comunque ingiustificabili.
Forse addirittura sconosciuti a chi ha risposto alla “chiamata alle armi” partita confusamente alle cinque di una domenica mattina, ma che per la convinzione quasi cieca di chi vi ha aderito, è sintomo di un protocollo collaudato.
E quante altre volte può essere stato messo in pratica? C’è una Firenze delle bande, dove centro, periferia e hinterland diventano terreno di scontro e territorio da rivendicare. Dove agguati e pestaggi sono la lingua che accomuna italiani o figli di immigrati nati e cresciuti qui. Dove fare male è la regola, anzi la cifra che contraddistingue il più temibile.
Abbiamo cercato di ricostruire alcuni brutti precedenti che hanno qualche elemento in comune con l’omicidio del giovane di Certaldo. Partendo ad esempio dal passato dei sei indagati per i drammatici fatti di via Tintori.
Uno di loro, D.E.E., classe 2004, il 12 dicembre del 2023, sempre a Campi Bisenzio si trovò in una situazione molto simile a quella in cui incappò Maati. Il 20enne si ritrovò infatti da solo contro altri tre, due dei quali minorenni, ed ebbe la peggio: impugnando un bastone di metallo, glielo spaccarono sulla bocca, mandandogli in frantumi un incisivo.
Motivi? Futili. Uno sguardo torvo, una precedente litigata. Indagati per questo episodio dei giovani residenti tra Novoli e le Piagge. In quell’occasione “emigrati” nel territorio di Campi Bisenzio.
Proprio alle Piagge, nei giorni antecedenti lo scorso Natale, sono state il teatro di una gigantesca maxi rissa dove si sono affrontati, a ranghi misti, giovani e giovanissimi di varie etnie.
Gli inquirenti stanno verificando se, tra questi, ci fossero anche soggetti coinvolti nei fatti di Campi Bisenzio del 2023 o in quelli accaduti all’alba dello scorso 29 dicembre.
Anche alle Piagge non ci sarebbe scappato il morto per una fortunata combinazione astrale: oltre a bastoni e coltelli, nella rissa è spuntata anche una pistola. Un colpo ha colpito un giovane a una gamba. Sentito in questura avrebbe cercato di minimizzare l’accaduto, anzi di sviare l’attenzione degli inquirenti collocando l’accaduto addirittura altrove.
La capacità con cui la banda di Campi si è nuovamente radunata e armata per il pestaggio di Maati diventato omicidio, ancora una volta conferma l’attitudine delle gang di entrare in azione. Di armarsi rapidamente e soprattutto di maneggiarle e usarle, quelle armi.
In pochi secondi, ai giardini della scuola Matteucci si sono materializzati almeno una decina elementi. Uno di loro, secondo quanto ricostruito, avrebbe prelevato alcuni coltelli a casa, abitando nei pressi del punto in cui tutto è cominciato. Uno degli arrestati, “pentendosi“ alla vigilia dell’arrivo delle misure, ha indicato chi avrebbe armato il gruppo (uno degli indagati, un 18enne), tuttavia c’è una discrepanza tra le armi descritte - coltelli da cucina - e gli esiti dell’autopsia, dove si parla di ferite di un’arma con un doppio profilo tagliente che farebbe pensare a qualcosa tipo una roncola.
Nella logica delle bande “armate“, si inserisce anche l’ultimissimo episodio accaduto al funerale di Maati. Qui, per regolare una vecchia questione con un soggetto che era presente alla funzione svoltasi l’altra mattina a Certaldo, un giovane non ha esitato a mostrare un coltellino. Arma che non è stata ritrovata dai carabinieri, ma della quale testimoni parlano diffusamente nei video che hanno ripreso la scena. Ulteriore conferma di una generazione che non maneggia soltanto smartphone.