Firenze, 11 gennaio 20254 – L’immagine di suo figlio steso a terra mentre “tanti occhi si sono voltati dall’altra parte” la tormenta. Non le dà pace. Prova a immaginare quei minuti di terribile ferocia e non trova una spiegazione per la crudeltà con cui gli assassini si sono accaniti su di lui fino a ucciderlo. Il dolore è troppo grande da sostenere. Silvia Baragatti, la mamma del 17enne ucciso a coltellate all’alba del 29 dicembre in via de’ Tintori a Campi, respira profondo, prova a mettere in ordine le parole. “Il mio Maati è stato ucciso con una crudeltà inaudita. Come si fa a essere così barbari? Una cattiveria simile non si può dimenticare”. L’immagine del figlio lasciato morire in strada toglie il sonno anche al babbo, Farid Moubakir. La notizia dell’arresto di tre giovani, finiti in carcere in quanto “gravemente indiziati” di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dalla crudeltà, non basta per cancellare una ferita impossibile da rimarginare per i genitori di Maati.
“Siamo sollevati per questi arresti – continua la mamma –. Ma i suoi assassini, anche se finiranno in carcere, una vita ce l’hanno ancora. Il mio Maati invece non c’è più, hanno spezzato tutti i suoi sogni. Non lo hanno fatto arrivare nemmeno a 18 anni. Lo hanno ucciso in una maniera che non poteva essere più brutale di così. E questo peso, i suoi assassini, se lo dovranno portare dentro per sempre”.
I tre giovani arrestati sono poco più che maggiorenni. L’autopsia sul corpo di Maati rivela che le coltellate sono state cinque: due alla schiena mentre il branco lo inseguiva, una al sopracciglio e le ultime due al cuore. Letali. Le indagini intanto proseguono per accertare le responsabilità di eventuali altri indagati. “Questi ragazzi devono sapere che il male che hanno fatto non si può cancellare, resterà nella loro coscienza – la rabbia dei genitori del 17enne di Certaldo –. Dovranno camminare sempre a testa bassa. Se c’è qualcosa che vorremmo dire loro? Non so se questi ragazzi hanno fratelli o sorelle per poter fare un paragone. Se fosse successo alle loro famiglie, come si sentirebbero adesso?”.
Un pensiero più degli altri devasta i genitori del ragazzo. “Com’è possibile che in quel pezzetto di strada nessuno abbia visto niente? Chi si è girato dall’altra parte ora dovrà rispondere, dare delle spiegazioni. Perché non sono intervenuti? Perché non hanno chiamato i soccorsi?”. Domande strazianti, le cui risposte potrebbero nascondere una verità: forse Maati poteva essere salvato. Come se un’ombra di omertà incombesse sulla feroce aggressione. “Ci chiediamo come sia possibile che l’autista dell’autobus non si sia accorto di niente, lo stesso vale per gli altri passeggeri. Su quell’autobus c’era il sangue di mio figlio – si dispera il babbo –. Eppure nessuno si è accorto di nulla, nessuno ha dato l’allarme. Abbiamo la sensazione che tanti occhi si siano voltati dall’altra parte”. Nemmeno i ragazzi che quella maledetta sera erano con Maati si sono fatti avanti con la famiglia. “Lui era un ragazzo socievole, era amico di tutti: aveva legami a Certaldo, a Empoli, a Poggibonsi. Maati non conosceva chi l’ha ucciso. E noi ancora non sappiamo con chi era quella sera. Sappiamo solo che nessuno si è fatto avanti, nessuno ci ha cercato per aiutarci. Si sono volatilizzati tutti. E questo ci provoca altro dolore”.
Passeranno altri giorni prima del funerale. La salma infatti non è stata ancora restituita alla famiglia. “Adesso speriamo solo che tutti i responsabili abbiano quello che si meritano, ovvero pene esemplari per quello che hanno commesso. Ma neanche questo basterà a riportarci indietro il nostro Maati”.