Firenze, 17 aprile 2025 – Federico Perissi si fidava del collega Mor N’Diaye. Lo ha fatto salire a bordo della sua Yaris. Si conoscevano, per lavoro e alcune passioni in comune. Perissi, incensurato, forse però non era a conoscenza dei precedenti del 41enne nato a Genova e di origini senegalesi. E non immaginava neanche lontanamente di avere accanto un killer.
Perché il 45enne fiorentino ucciso a colpi di calcio di pistola e una pietra nella notte di domenica scorsa, ha guidato con N’Diaye – conosciuto da tutti come Jamie Mike Stewart – nel posto del passeggero fino sotto il cavalcavia vicino al lago di Bilancino, nel comune di Barberino del Mugello. Dove gli uomini della squadra mobile di Firenze con il pm titolare dell’inchiesta, Luisa Serranti, ventiquattro ore dopo hanno poi ritrovato il suo corpo senza vita. Un luogo nascosto, difficilmente visibile e poco trafficato. Perfetto per commettere un omicidio e occultare il cadavere. Un luogo dove non ci si arriva così per caso.
Gli investigatori, a quattro giorni dal delitto, stanno cercando di riunire tutti i pezzi del puzzle. Perché quel viaggio? Dove si sono conosciuti i due? Cosa ha fatto scattare N’Diaye? Le piste sono ancora tutte aperte. L’ex campione di Mma potrebbe aver cercato di abbandonare l’Italia – in quanto agli arresti domiciliari ma privo del braccialetto elettronico –, e quel viaggio in Austria del collega era l’occasione perfetta. Una volta a bordo, però, Perissi potrebbe essersi rifiutato, da lì la lite e l’uccisione. Non esclusa, anzi privilegiata, è la ricostruzione che vedrebbe invece i due in viaggio insieme verso l’Austria. N’Diaye, in stato di alterazione, all’altezza di Barberino potrebbe aver cominciato a dare di matto, fino al tragico epilogo. Ignoti rimangono i motivi che hanno spinto i due fino al sottopasso.
Le prime risposte sono custodite nella memoria della dash cam incollata al parabrezza della macchina di Perissi. Che ha ripreso la prima parte dell’orrore avvenuto davanti al cofano. I colpi al cranio assestati con una pistola scacciacani (che non è stata ancora ritrovata). Poi calci e pugni, sferrati da un professionista del ring. E le urla: squarci nel silenzio del Mugello. Nell’audio catturato dalla piccola videocamera a bordo si sente la vittima gridare per il dolore. E, lo sperano sopratutto gli investigatori, si potrebbero sentire anche le ultime parole che si sono scambiati i due all’interno del veicolo. Quindi, scoprire la scintilla che ha innescato prima il diverbio e successivamente l’aggressione mortale.
Da quanto emerge, i due potrebbero aver avuto nei giorni precedenti l’omicidio un’altra discussione. L’argomento delle due liti? I contorni della vicenda, anche in questo caso, rimangono fumosi. Anche se, stando alle prime indiscrezioni, alla base delle frizioni ci sarebbero futili motivi.
A sciogliere ogni dubbio potrebbe essere lo stesso N’Diaye. Che tuttavia, dopo la confessione choc agli agenti della squadra mobile di Ferrara – dove è stato arrestato dopo la fuga in auto dal luogo del delitto, un incidente in A-13 e il tentativo di un furto –, non ha fornito ulteriori dettagli sui fatti.
Al vaglio anche il percorso, prima e dopo l’omicidio, dell’auto di Perissi. Gli investigatori stanno incrociando i video delle telecamere di sorveglianza alla ricerca del match della targa della Yaris. In fase di analisi anche computer e cellulari dei due, per capire la natura del loro legame e possibili moventi che al momento restano avvolti dal mistero.