REDAZIONE FIRENZE

Ordini di servizio ai raggi x. Operatori e ‘capi piazzale’. I loro turni ora nel mirino

Gli inquirenti passeranno in rassegna gli statini e gli orari dei dipendenti. Al vaglio anche la procedura automatizzata dei rifornimenti al deposito.

Ricostruire l’esatta dinamica delle operazioni di carico delle autobotti. Dal momento in cui i mezzi varcano l’ingresso in via Erbosa del maxi deposito Eni di Calenzano, al momento in cui viene effettuata la cosiddetta ’pesa’ prima e dopo il rifornimento, fino a quello in cui gli autisti provvedono al rifornimento vero e proprio. Una sequenza semplice, ma allo stesso tempo complessa e ben cristallizzata che la procura vuole passare in rassegna passo dopo passo per escludere che si siano create eventuali falle rispetto a quella che è la normativa di riferimento. Per questo fra gli atti che gli inquirenti nelle ultime 48 ore hanno acquisito o che saranno passati in rassegna ci sono anche gli ordini di servizio del deposito Eni: le carte che stabiliscono chi, fra il personale dello stabilimento dovesse essere in servizio e con quali compiti. E, soprattutto se fosse prevista una fase di assistenza e controllo anche fisico agli autisti delle autobotti o se la procedura fosse interamente automatizzata: una sorta di self-service, assistito da remoto, cioè dalla centrale del deposito. Piccoli pezzi di un puzzle che si comporrà nelle prossime ore anche grazie all’ascolto delle testimonianze e all’analisi del materiale acquisito negli ultimi due giorni dalla palazzina uffici che fungeva da sala di controllo e che è stata, in parte, danneggiata dall’esplosione.

Fra le domande che gli inquirenti si pongono ci sono anche quelle relative alle figure degli operatori o dei cosiddetti ’capo-piazzali’, chi cioè è preposto al rispetto del regolamento del deposito prima e dopo le operazioni di carico. Le stesse operazioni che, da normativa, devono essere mandate a memoria come un’Ave Maria: alzare il rompifiamma, spegnere il motore, spegnere e sigillare il cellulare nella cabina del mezzo, mettere le chiavi sul cruscotto per evitare scariche elettrostatiche, attivare lo scarico a terra, indossare la tuta antistatica, agganciare la manichetta al braccio di scarico e il tubo di riciclo dei vapori. Rifornire e poi ripartire. È stato fatto tutto a regola d’arte? O l’eventuale perdita di vapori o di liquido avrebbe dovuto o potuto essere evitata con una procedura standard che, invece, non si è attivata?

Fra le ipotesi non escluse, al momento, c’è anche che uno degli agganci della bocchetta da parte di un autotrasportatore non sia stato fatto completamente a regola d’arte, ma sia sfuggito al sistema di controllo da remoto.

Una domanda a cui gli inquirenti adesso provano a dare una risposta anche grazie alla ricostruzione, per tabula, effettuata con gli statini acquisiti nel deposito che presto saranno passati in rassegna. L’obiettivo: avere l’istantanea esatta di quello che ogni persona, operatore e camionista stava facendo alle 10 e 22 e 17 secondi. Un secondo prima che l’esplosione cancellasse per sempre cinque vite e ne ferisse il triplo.

Claudio Capanni