PIER FRANCESCO DE ROBERTIS
Cronaca

Papa Francesco e Don Milani, due semplici preti innamorati dei poveri

La storica visita del Pontefice a Barbiana

Don Milani a Barbiana

Don Milani a Barbiana

Firenze, 20 giugno 2017 - Il prete Jorge Mario Bergoglio che a metà anni Sessanta attraversava a piedi le villas della capitale argentina camminava sulle orme che pochi anni prima un altro confratello fiorentino aveva tracciato in Italia. Chissà, forse quel gesuita sudamericano aveva sentito parlare di un parroco toscano che aveva messo in difficoltà la gerarchia con posizioni poco ortodosse in materia sociale, e magari vi aveva riscontrato somiglianze con la pastorale che in quel periodo andava per la maggiore in America Latina, la Teologia della liberazione. Erano gli anni di monsignor Helder Camara, il vescovo brasiliano che si chiedeva "perché quando porto da mangiare a un povero dicono che sono un santo, ma se domando perché i poveri non hanno da mangiare mi definiscono comunista". Erano gli anni che precedettero e accompagnarono il Concilio.

La testimonianza di don Milani riecheggia quindi in buona parte della pastorale vissuta in prima persona da papa Bergoglio, e non c’è da stupirsi che dopo anni di ostracismo prima e di freddezza poi sia adesso il Papa argentino a salire a Barbiana per il definitivo sdoganamento del messaggio del Priore. Un gesto semplice, quello della preghiera sulla tomba di don Lorenzo, che però pesa tantissimo e che magari spianerà le porte all’inizio di quel processo di beatificazione di cui la Chiesa fiorentina da tempo discute. Le somiglianze tra la figura di don Lorenzo e di Jorge Bergoglio sono evidenti. Il tema della scuola, per esempio, è al centro dell’attenzione di entrambi. Per don Milani la scuola è tutto, al punto da considerarsi un prete al pari di un maestro; ma anche per Bergoglio l’educazione è al primo posto, e basta pensare lo sforzo del vescovo e poi cardinale argentino per creare il programma delle Scholas Occurrentes, la rete ducativa prima nazionale poi mondiale guidata dall’amico del Papa José Maria del Corral che non a caso fu uno dei tre soli invitati dal pontefice alla propria messa di intronizzazione. E poi su tutto e prima di tutto l’attenzione per i poveri. Ossessiva, determinata, quasi sfacciata. I poveri sono i prediletti da Dio - così dice il Vangelo - e quindi la Chiesa, secondo don Milani e don Bergoglio deve stare dalla loro parte. Deve essere di parte.

Sulle pendici di una collina del Mugello stamani il gesuita argentino ricorderà così con struggente passione quel prete toscano che cinquanta anni fa si fece seppellire con gli scarponi da montanaro che da rampollo di una agiata famiglia ebrea fiorentina non aveva mai calzato, e che invece i suoi ragazzi indossavano sempre. E che assomigliano molto ai rozzi scarponcini neri con i quali Lui, il Papa delle favelas, ha sostituito nel protocollo pontificio i ricercati mocassini di ‘marocchino rosso’ usati da suoi predecessori. E che a questo punto nessuno metterà più.