Firenze, 19 aprile 2024 – Fuori dalla stadio intitolato a Riccardo Neri, un altro giovanissimo che ha vestito la maglia del Castelfiorentino deceduto con gli scarpini ai piedi, c’è un mazzo di fiori per ogni formazione giovanile. La squadra stava lottando con i denti contro la forbice, ovvero un margine di punti che gli avrebbe impedito di giocarsi le chance di salvezza ai play out, quando si è trovata di fronte una falce. Quella della morte, a soli 26 anni, del suo giocatore più rappresentativo.
“Mattia Giani era il più anziano del gruppo, il nostro giocatore più rappresentativo, con la sua esperienza nelle serie superiori. Un faro per i suoi compagni più giovani e anche per me", dice l’allenatore Nico Scardigli. Al mister , come si dice nel gergo del calcio, anche quello non professionistico, il non facile compito di tenere saldo il gruppo, ragazzi che hanno ancora negli occhi quei minuti da paura. Fa leva, però, sulla voglia di farcela per dedicare un’impresa a Mattia, "perché lui avrebbe voluto così".
"Che almeno non ci facciano rigiocare su quel campo", auspica l’allenatore, dopo aver avuto la certezza, dal bollettino della Figc diffuso ieri, che la partita riprenderà dal 15esimo minuto mercoledì prossimo.
Si riparte da quello zero a zero in casa del Lanciotto, nello scontro salvezza di domenica scorsa, che proprio Giani, esterno alto o rifinitore dietro la punta a seconda del modulo, aveva cercato di sbloccare con un tiro che aveva costretto il portiere a un mezzo miracolo. Quello che sarebbe servito di lì a poco, quando è cominciato il dramma. Giani, magazziniere in una conceria di Castelfranco, ha avuto una reazione scomposta: pareva un infortunio muscolare, una ricaduta dell’acciacco che la domenica precedente l’aveva tenuto fuori.
No. Mattia, come ha ricostruito anche il giudice sportivo, viene rianimato dal massaggiatore della sua squadra e da un medico - genitore di un calciatore di casa - presente in tribuna. Al Ballerini di Campi Bisenzio, confermano gli atti della Figc, non c’erano l’ambulanza o il medico. Se la mancanza, sanzionata con 400 euro a livello federale, avrà anche un risvolto penale, lo stabilirà l’inchiesta, aperta da Giuseppe Ledda, pm che in gioventù è stato a sua volta calciatore, a cui il pallone ha assegnato, anni addietro, pure l’inchiesta sull’omicidio dell’ultrà laziale Gabriele Sandri.
Ai carabinieri della stazione di Campi Bisenzio, il magistrato ha affidato alcune deleghe ben precise: acquisire il defibrillatore, presente negli spogliatoi dello stadio Ballerini del Comune alluvionato, sentire a sommarie informazioni chi c’era nel recinto di gara e chi aveva l’abilitazione ad usare l’apparecchio salvavita. C’è da ricostruire anche quei momenti di ansia e concitazione: 17 minuti almeno, in cui, in assenza dell’ambulanza al campo, si sono mossi per soccorrere. Utilizzando proprio quel defibrillatore che però non avrebbe dato scariche, forse perché il cuore di Giani batteva ancora.
Al medico legale Beatrice Defraia, poi, la procura ha affidato il compito di stabilire la causa del decesso del calciatore e se emergano ipotesi responsabilità di “terzi“. E per terzi s’intendono anche i medici sportivi che nella lunga carriera del calciatore, che ha giocato anche in club professionistici come il Pisa o l’Empoli, lo hanno sottoposto ai test sotto sforzo. "Vogliamo che non accada a nessun altro", dice il babbo Sandro, che si è affidato all’avvocato Duccio Baglini e che oggi, all’avvio dell’accertamento autoptico che comprenderà anche un lungo esame del cuore alla ricerca di mali nascosti, parteciperà con un proprio consulente. Solo dopo il via libera della procura, si potranno celebrare i funerali.