"Il payback è un problema che abbiamo ereditato e sul quale siamo intervenuti lo scorso anno con il Mef. Stiamo parlando con le associazioni di categoria, per cercare una qualche soluzione, soprattutto andando incontro alle aziende più piccole".
Lo ha detto il ministro della Sanità, Orazio Schillaci, a margine del Forum Risk Management di Arezzo. E proprio il payback ha monopolizzato ieri gran parte del dibattito: in Toscana come a Roma, dove posizioni diverse sono emerse all’interno della maggioranza, nella Commissione bilancio del Senato, durante la discussione del decreto fiscale collegato alla manovra.
Stabilito nel 2015, il payback scatta se le Regioni superano il tetto di spesa sui dispositivi sanitari e prevede che le aziende produttrici rimborsino al sistema pubblico il 50% dell’incasso. In base a questa norma, la Toscana avrebbe dovuto ricevere 420 milioni di euro per quattro annualità, dal 2019 al 2022. Ma fra ricorsi e contenziosi, i soldi non sono mai arrivati e, nonostante le richieste della Regione (che a fine 2023 domandava almeno 200 milioni per far quadrare il bilancio della sanità) il Ministero non ha voluto anticiparli.
A fronte di questo diniego, la giunta toscana ha fatto scattare nel 2024 l’aumento dell’addizionale Irpef per i redditi sopra i 28mila euro. "Dobbiamo avere più di 400 milioni – ha ribadito ieri il presidente della Regione, Eugenio Giani - immaginate con 400 milioni cosa potremmo fare in Toscana per la sanità". E sul tema è intervento anche il presidente di Confindustria dispositivi medici, Nicola Barni. "Per ogni miliardo di euro perso a causa del payback dovremmo rinunciare a 860 milioni di euro di Pil e al lavoro a tempo pieno di circa 9mila persone - ha detto - Il payback non grava solo sulle aziende, ma sull’indotto di un’intera filiera. Non possiamo continuare a sacrificare il futuro delle imprese e del Paese sull’altare di tetti di spesa irrealistici e di meccanismi finanziari insostenibili. La cancellazione del payback deve essere il primo passo verso una nuova governance del settore, che preveda tetti di spesa adeguati alla media europea del 7%".
Sempre al Forum Risk, si sono dati appuntamento ieri quattro presidenti di giunte e consigli regionali (Toscana, Marche, Lazio e Calabria).
"C’è sicuramente necessità di fare squadra tra Regioni e Governo – ha detto Giani nel confronto – ma il problema della sanità non sono le riforme o l’autonomia, che già c’è, ma le risorse che mancano e che si possono trovare senza aggiungere nuove tasse. Le tre voci principali del bilancio statale sono oggi 500 miliardi di spesa dei ministeri e dei loro apparati, quasi 300 miliardi per la previdenza sociale e 138 miliardi per la sanità. Quello che propongo è togliere 20 miliardi ai ministeri e investirli sulla sanità". "Chissà perché Giani non ha suggerito una spending review quando il suo partito sedeva nella maggioranza di governo – ha commentato il presidente della Commissione controllo toscana, Alessandro Capecchi (Fdi) -. Prima di pensare a tagliare nei ministeri, ci dica se ha contenuto la spesa della Regione. Aveva detto che l’aumento dell’Irpef sarebbe durato un anno: una promessa che sarà difficile mantenere perché lo squilibrio finanziario è strutturale".