Firenze, 16 giugno 2020 - Doppio allarme al servizio psichiatrico di diagnosi e cura dell’Asl Toscana centro, alle Oblate. Una paziente ricoverata, ieri mattina è risultata positiva al tampone diagnostico per Covid e immediatamente sono scattate le misure di prevenzione del contagio. Il timore è che da un caso isolato si passi a un focolaio ospedaliero di coronavirus, date le caratteristiche della struttura e la necessità di contatti ravvicinati con l’ammalata. Dalla struttura non sono stati trasferiti i pazienti, 15 dei quali, avendo avuto rapporti stretti con la donna sono stati sottoposti a indagine sierologica e in base ai risultati che arriveranno, in caso di positività agli anticorpi, sarà fatto il tampone. Così come il test sierologico è stato effettuato al personale sanitario, ben 32 operatori – tra medici, infermieri e oss – che erano stati in contatto ravvicinato con la contagiata. In ogni caso sono stati bloccati i nuovi ingressi nella struttura psichiatrica, in attesa di ciò che emergerà dalla ricerca sugli anticorpi. Ora sono tutti in quarantena. Con un problema ulteriore. Alcuni infermieri, attualmente in ferie, sono stati raggiunti nei luoghi di vacanza, in Sardegna e in Calabria, dove dovranno rispettare il periodo di isolamento domiciliare, segnalando la loro presenza alle autorità sanitarie per il servizio di sorveglianza attiva.
Sanificata la struttura delle Oblate, che ai piani terra e primo è occupata dall’hospice, luogo d’accoglienza e ricovero temporaneo per i pazienti terminali. Ma l’episodio ha comunque messo in agitazione i familiari dei ricoverati, tutti pazienti più che fragili, accompagnati nelle ultime fasi della vita. Il caso della paziente positiva in psichiatria solleva alcune perplessità e fa emergere criticità. Al momento della verifica diagnostica è scoppiato il caos nel reparto psichiatrico: sulle prime, le indicazioni arrivate prevedevano che tutti i ricoverati fossero trasferiti in altra struttura. E che tutti i contatti stretti fossero sottoposti a tampone. Poi è stata fatta retromarcia. Per un motivo che lascia nel dubbio se l’intervento eseguito sia stato il migliore. La paziente, infatti, era guarita da una polmonite da coronavirus per la quale era stata ricoverata ai Fraticini: la conferma della guarigione virologica era avvenuta con verifica del doppio tampone negativo. Ieri, poi, la donna era stata nuovamente sottoposta al test diagnostico, solamente perché doveva essere trasferita in una residenza sanitaria. La nuova positività ha colto tutti impreparati e di sorpresa.
Ma non trattandosi di una vera recidiva, perché la paziente è priva di sintomi, e probabilmente perché la positività è determinata dalla lunga permanenza del virus nelle basse vie respiratorie, si è scelto di effettuare i test sierologici anziché i tamponi alle persone che le erano state lungamente più vicine. Nononstante che l’Asl Toscana centro, proprio sui contatti stretti dei contagiati, si sia data una nuova regola che prevede tampone al momento della scoperta del contatto e tampone alla fine delle due settimane di isolamento. Ma la domanda che si è posto il personale dell’ufficio di igiene intervenuto per l’indagine epidemiologica, ricostruendo a ritroso tutti i contatti stretti della paziente positiva, è se quella donna sia ancora contagiosa. E la comunità scientifica, in tal senso, non fornisce ancora risposte certe. Un altro tema di stringente attualità riguarda proprio le azioni di prevenzione anticontagio da intraprendere all’interno di strutture comunitarie dove è più complesso il mantenimento del distanziamento sociale e dove i pazienti sono comunque esposti a un rischio maggiore. Non solo le psichiatrie, ma anche le comunità terapeutiche, quelle religiose e di immigrati. © RIPRODUZIONE RISERVATA