Allarme rosso per la pelletteria fiorentina, cuore della produzione toscana (e italiana) del lusso. I dati, presentati ieri in un convegno della Cna Metropolitana di Firenze, sono più che preoccupanti: ordini in calo, cassa integrazione quasi raddoppiata e un futuro che sembra puntare sulla iper-specializzazione, il che potrebbe tradursi in una riduzione dei posti di lavoro. In particolare, da gennaio a novembre 2023 (dati Ebret), la cassa integrazione nell’area metropolitana è passata da 32 aziende, con 351 lavoratori coinvolti, per un importo di 124.418 euro a 60 aziende, 642 lavoratori e 236.577 euro (totale annuo, gennaio-novembre 2023 pari a 396 aziende, 4.218 lavoratori, 1.555.674 euro).
A commentare i dati, al convegno su La frenata del distretto della pelletteria: Simone Balducci, presidente pellettieri di Cna Firenze; Paolo Brogi, portavoce pelletteria Cna Toscana; Stefano Carmelini, direttore Zetati; Mauro Pallini, consulente della Scuola etica di alta formazione aziendale Leonardo; Marco Pandolfi di Giunis Wallet; Gianluca Volpi, direttore di Ebret; Elena Bardi, coordinatrice dell’Osservatorio sulla pelletteria di Cna. "Uno dei motori dell’economia della città metropolitana di Firenze, la pelletteria di lusso, si sta prepotentemente fermando – ha detto Balducci -. Le prime avvisaglie, in qualche filiera, erano arrivate a fine 2022.
Il 2023 ha confermato la tendenza, mentre per il 2024 si prevedono ordinativi ancora più ridotti. Varie le concause: guerre, tensione Cina-Usa, produzioni spinte oltre il limite in passato e, forse, anche cambiamenti nel gusto. Inoltre, la diversificazione degli investimenti dei grandi brand li ha portati a privilegiare regioni d’Italia fiscalmente più convenienti, anche a causa di una colpevole distrazione della politica regionale".
Le prospettive per il 2024 non sono rosee per un distretto che, insieme al Valdarno Aretino, rappresenta il 90% circa della produzione pellettiera toscana, a sua volta centrale a livello nazionale e mondiale: alla prevista riduzione degli ordini si affiancano il rinnovo del contratto di lavoro, con aumenti che potrebbero mettere in ulteriore difficoltà le imprese, e le richieste dei grandi marchi.
"I brand vogliono contoterzisti con un’organizzazione aziendale pari alla loro – ha spiegato Balducci - in grado cioè di soddisfare i requisiti Esg (ambientali, sociali e di governance) richiesti dalle leggi europee. Ma questo richiede tempo e personale, prendendo quasi il sopravvento sulla produzione. Per i più piccoli è difficile tenere il passo, anche perché non sono giustamente remunerati". E sulla sostenibilità economica della filiera contoterzista Cna Federmoda ha presentato uno studio dell’Università di Firenze, che ha calcolato il prezzo necessario a coprire i costi e lasciare un margine adeguato agli investimenti: 0.51 euro/minuto per le imprese piccole o piccolissime; 0,59 per le piccole/medie (oggi il prezzo è a corpo e trattato di volta in volta).
"Lo studio – ha concluso Balducci - presentato quasi un anno fa, fatica a essere discusso, anche a porte chiuse. Chiediamo una presa di posizione alla politica e ci auguriamo che, in vista delle elezioni, tutti i candidati si impegnino a supportare il settore".