Dopo l’articolo de "La Nazione" si è mossa anche la commissione sanità del consiglio regionale toscano presieduta da Enrico Sostegni. Il problema riguarda la beffa che tocca gli specializzandi assunti da aziende sanitarie e aziende ospedaliero universitarie, in Toscana circa 400 appartenenti in misura diversa ai tre atenei. Per la legge dello Stato dell’aprile scorso, per gli specializzandi la prova d’esame annuale universitaria era stata sostituita dalla certificazione delle competenze acquisite durante la formazione sul lavoro, attestata dal direttore della struttura ospedaliera dove prestano servizio.
Ma nel luglio scorso una circolare del ministero dell’Università ha cambiato le carte in tavola, ingenerando dubbi e confusione interpretativa con il risultato che per questi specializzandi è stato reintrodotto l’esame finale annuale (solamente sulla teoria) da sostenere all’università. La Regione Toscana sembra essersi già mossa. L’assessorato al diritto alla salute ha infatti contattato i rettori delle tre università per cercare di trovare una soluzione condivisa ed evitare problemi. Ma intanto il sindacato Anaao Assomed ha sollevato una protesta alla quale si è unita la voce grossa del ministero della Salute che ha contestato la circolare del ministero di Università e ricerca. Dopo l’articolo uscito ieri su La Nazione, la commissione sanità in seno al consiglio regionale toscano ha convocato in audizione i rappresentanti del sindacato Anaao Assomed degli specializzandi. La data più probabile potrebbe essere il 9 ottobre: i sindacalisti Francesco Tramonte e Chiara Mangifesta racconteranno alla commissione ciò che è accaduto.
"La situazione – spiega il segretario regionale Anaao Gerardo Anastasio – potrebbe causare problemi e anche l’interruzione di contratti qualora gli specializzandi si trovassero ad avere valutazioni contrastanti di idoneità a superare l’anno. E’’ l’ennesimo pasticcio all’Italiana: una circolare di uno zelante dirigente del ministero dell’Università che va contro una legge dello Stato. Questo è il cattivo esempio che diamo alla nostra meglio gioventù, e poi ci meravigliamo se i nostri colleghi scelgono il privato o se ne vanno all’estero: l’Italia purtroppo non è un Paese per giovani. Con buona pace del sistema sanitario pubblico".
Ilaria Ulivelli