
Permessi di soggiorno falsificati: "Manomessi i documenti per il rilascio"
La storia si ripete. E dagli errori non si impara nulla. Anzi, resta un senso di impunità che lascia sgomenti di fronte all’ultima inchiesta della procura di Prato che mette nei guai ben 94 persone (di cui uno residente a Campi bisenzio), fra cui professionisti, commercialisti, consulenti del lavoro, ragionieri e un avvocato, e perfino un poliziotto della Questura di Prato. Sono tutti accusati a vario titolo di aver alterato o addirittura creato ad arte i documenti necessari per il rilascio o il rinnovo dei permessi di soggiorno traendo in inganno gli agenti dell’Ufficio immigrazione della Questura chiamati a esaminare la documentazione. L’inchiesta della guardia di finanza di Prato, coordinata dal procuratore facente funzione Laura Canovai, è durata tre anni ed è arrivata a conclusione nelle settimane scorse.
Gli indagati totali sono 94, una decina di italiani, e più di 80 stranieri (tantissimi pachistani, molti cinesi, altri cittadini dell’Albania, del Gambia, del Bangladesh) per quanti sono i casi contestati di rilascio o rinnovo di permessi di soggiorno presentati con documentazione fittizia. A tirare le fila delle procedure false, erano alcuni professionisti (quattro in tutto fra Prato e Pistoia) che avrebbero offerto la loro opera per realizzare i documenti da presentare in Questura. Ma non solo. Erano loro che mettevano direttamente in contatto le persone: chi faceva buste paga false, chi finte assunzioni per dimostrare di lavorare in Italia, addirittura chi si è prestato a matrimoni combinati per far sì che il richiedente ottenesse il permesso. Le accuse contestate a vario titolo sono violazioni della legge sull’immigrazione, falso in atto pubblico, truffa, evasione.
Un sistema ben oleato e già incontrato in passato quando c’erano studi di professionisti che offrivano dei veri e propri ’kit’ precompilati con la documentazione necessaria per ottenere, in quel caso, il rinnovo del permesso del soggiorno pur non avendone i titoli.
L’attività investigativa dei finanzieri di Prato ha permesso di individuare, ad esempio, una ditta che ha avuto alle proprie dipendenze, nel tempo, ben 124 soggetti assunti fittiziamente in prossimità della scadenza del permesso di soggiorno. Gli approfondimenti investigativi hanno consentito di accertare il coinvolgimento dei quattro professionisti, implicati a vario titolo nelle finte assunzioni di lavoratori, finalizzate esclusivamente all’ottenimento di permessi di soggiorno. In molti casi la pratica truffaldina nascondeva il favoreggiamento o lo sfruttamento dell’immigrazione clandestina.
Un altro filone emerso dalle indagini, è quello dei matrimoni combinati, di ’comodo’, che ha messo gli occhi su un gruppo di persone in grado di organizzare matrimoni tra italiani compiacenti e donne di nazionalità straniera, al solo scopo di permettere a queste ultime, dietro pagamento di una tariffa prestabilita (5.000 euro a matrimonio), di richiedere il rilascio di un permesso di soggiorno.
Ma c’era anche chi si prestava a fornire false assunzioni per presentare le domande di ’sanatoria’, attraverso la procedura introdotta nel 2020, per la regolarizzazione di lavoratori stranieri impegnati come braccianti agricoli o come colf e badanti che, all’entrata in vigore del provvedimento, si trovavano senza titolo sul territorio nazionale. In uno di questi casi sarebbe emerso che il poliziotto della Questura avrebbe fatto una assunzione falsa per una badante. L’agente è indagato come utente e non come pubblico ufficiale in servizio. Infine, per altri nove soggetti è emerso il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte tramite il sistema illecito delle imprese ‘apri e chiudi’ con cui più ditte-fantasma avevano accumulato (e mai versato) debiti nei confronti dell’Erario pari a circa un milione di euro.
L’inchiesta riporta all’attenzione le difficoltà dei controlli da parte dell’ufficio immigrazione di poter verificare tutte le richieste e le domande. Le verifiche vengono fatte a campione ma spesso non sono sufficienti a scovare chi ha agito in maniera disonesta. Anche fra i professionisti ci sono ’nomi noti’. Persone finite in altre inchieste del tutto simili che continuano però a operare nello stesso modo incuranti delle conseguenze.
Laura Natoli