
FIRENZE
"Nei mesi di clausura sono stato molto fortunato perché ho uno studio a casa. Ho passato la maggior parte del tempo a scrivere un’opera con 600 pagine di partitura, che spero vada in scena nel 2021. Purtroppo uno dei settori più colpiti è proprio il teatro. Lo stiamo tenendo in piedi con il pubblico contingentato, cercando di tenerne accesa la fiamma, ma se non passa questa pestilenza sarà sempre più difficile".
Nicola Piovani è stato ieri ospite a villa Bardini a chiudere il primo step de La Città dei Lettori intervistato dalla direttrice de La Nazione, Agnese Pini. Il teatro e la cultura, gli spettacoli dal vivo, i maestri e i riferiementi: un dialogo a tutto tondo tra la giornalista e uno dei grandi protagonisti della musica che ha tenuto inchiodati alle sedie centinaia di (molti giovani) spettatori. "Tutto ciò che avviene dal vivo, gli spettacoli, i concerti, hanno bisogno di assembramenti, affollamento, orchestre che sfiatano nella buca, dei cori – ha detto Piovani rispondendo a quello che ha rappresentato la pandemia–. È terrificante quello che sta accadendo. Vivere in questa paura ha mortificato questo settore. I teatri in Italia sono chiusi come tombe". "La musica ci ha salvato?", gli ha domandato Agnese Pini. "No so se la bellezza può salvare il mondo, probabilmente no. Però sono quasi sicuro che la bruttezza lo può distruggere". "Firenze è terra di maestri e mastri –ha detto Pini–. Essere un artista e musicista ha a che fare con l’artigianalità. Lei si sente più maestro o più mastro?". "Il termine artigianale mi piace moltissimo – ha risposto divertito Piovani–. Per fare il nostro lavoro ci vuole un incontro materiale con la realtà, così come fare un mobile per un falegname. È un’idea meravigliosa. Certi accordi messi insieme non funzionano, altri sì. E maestro è una parola bellissima". "Quando ha capito che la musica le piaceva proprio tanto?", gli ha chiesto la direttrice de La Nazione. "Non ricordo un giorno della mia vita senza musica. Mio padre non era ricco né colto, ma suonava la cornetta in Si bemolle nella banda del paese e in casa mia c’era sempre musica. Voleva che i miei fratelli più grandi suonassero la fisarmonica e perciò arrivò in casa un insegnante che mio padre ripagava con ortaggi e verdure. Poi mi regalò una cornetta piccola per farmi contento. Alla fine, i miei fratelli si sono stufati mentre io non mi sono più fermato. Ho capito a 24 anni che avrei potuto sostentarmi e vivere di musica". "La prima volta che ha sentito l’ispirazione per comporre?". "È una delle domande più difficili: l’ispirazione è un termine molto alto. L’arte al 95% è olio di gomito, studio, fatica e sperimentazione, non in senso ambiguo. L’ispirazione è una piccola scintilla di partenza ma ci vogliono studio e lavoro Io non so se la bellezza può salvare il mondo, probabilmente no. Però sono quasi sicuro che la bruttezza lo possa distruggere".
Titti Giuliani Foti