Francesco
Gurrieri
La Villa del Poggio Imperiale, tempio di artisti medicei e lorenesi - da Giulio Parigi al Cacialli, da Vincenzo De Rossi agli Albertolli - si apre all’arte
contemporanea. E lo fa con una bella mostra dal titolo “Disegno, Dialogo tra un
architetto e un pittore”, che corrispondono ad Alessandro Gioli e Andrea Granchi, due nomi notissimi per aver insegnato all’università e all’Accademia di Belle Arti. La mostra, che a una prima lettura sembrerebbe riproporre l’antica competizione del primato fra le arti di vasariana memoria (architettura, scultura, pittura), si scioglie invece in un dialogo
inaspettato fra l’architetto e il pittore. Già perché qui i giochi si fanno diversi in quanto i temi pittorici di Granchi sono sempre fortemente implicati con l’architettura e Gioli che propone la sua architettura (distillata e simbolica) con un suo disegno, piuttosto prossimo alla pittura. Dunque caso singolare dove le parti sembrano invertirsi: l’architetto che si fa pittore e il pittore che si fa architetto. Quasi un racconto mitologico, del resto già percorso da Ovidio e poi da Kafka, dove il trasformarsi di un essere o di un oggetto (nel nostro caso la pratica di un’arte) in un altro di natura diversa, diventa motivo dominante. E’ il bello di questo prestigioso “mostrare” dei due
artisti: dimostrare come, ancora una volta, sia l’intuizione a creare l’oggetto
artistico, e che la tecnica resta strumento secondario. Così,
all’affascinante tematica metafisica dei nuclei urbani del Gioli fa eco l’inquieta e
spesso disperata narrazione dell’umanità del Granchi, sempre condannata a
marciare con la sua ombra verso una meta che non sarà mai raggiunta. Vale la pena di varcare il monumentale emiciclo della villa per tuffarsi in questa colta proposta. Tutto grazie all’Associazione “Vivere il Poggio” guidata da Barbara Cardinali e dal presidente dell’Educandato Giorgio Fiorenza.