Poliziotto ad honorem. La missione di Guarnieri: "Firenze sia come Oslo. Basta morti sull’asfalto"

A Caivano il riconoscimento 14 anni dopo la morte del figlio investito "Conta di più la vita o il tempo risparmiato correndo come matti?".

Poliziotto ad honorem. La missione di Guarnieri: "Firenze sia come Oslo. Basta morti sull’asfalto"

A Caivano il riconoscimento 14 anni dopo la morte del figlio investito "Conta di più la vita o il tempo risparmiato correndo come matti?".

Il cerchio si è chiuso. La perdita di un figlio segna un prima e un dopo. E Stefano Guarnieri, dalla scomparsa del figlio Lorenzo, travolto da uno scooter guidato da un uomo sotto l’effetto di alcool e stupefacenti in quella stramaledetta notte del 2 giugno 2010, ha deciso di trascorrere il suo “dopo“ a servizio della comunità. Avanti veloce di 14 anni, a Caivano, è stato insignito del titolo di “Poliziotto ad honorem“ consegnato dal capo della Polizia Vittorio Pisani , in quanto "personalità della società civile distinta per la diffusione dei valori condivisi dalla Polizia di Stato" e per la sinergia nella messa a terra di progetti di prevenzione con l’associazione in memoriam del figlio per la sicurezza stradale, di formazione per l’ascolto dei familiari delle vittime della strada.

Che significato ha per lei questa onorificenza?

"Parto dai ringraziamenti: grazie a tutte le donne e gli uomini della Polizia di Stato. È un riconoscimento importante per la mia famiglia, per l’associazione, dell’impegno di tutti questi anni nell’ottica di far sì che quanto accaduto a Lorenzo non accada ad altri. Per far questo occorre inquadrare il tema della sicureza stradale all’interno della cornice di quella urbana. Una sfumatura tutt’altro che marginale".

A che punto siamo?

"Devono cambiare ancora tante cose. A partire dalla sensibilità di chi si mette alla guida verso la propria salute e quella degli altri. Sono più di 3100 i morti e circa 300mila i feriti ogni anno in Italia a seguito dei tanti scontri fra mezzi provocati dalla indisciplina di chi è alla guida di un mezzo. Un’auto o una moto, se male utilizzati, sono delle armi per pedoni o ciclisti".

Che appello si sente di rivolgere alle amministrazioni?

"Quando si parla di sicurezza urbana non si parla mai di quella stradale. Lavoro ogni giorno per far cambiare punto di vista. È un tema che vorrei in cima all’agenda dei Cosp".

Qual è la spina dorsale dei progetti che porta avanti?

"Quando non si riesce a prevenire, e gli scontri mortali avvengono, la corretta vicinanza alle vittime è essenziale. Siamo orgogliosi come associazione di aver collaborato a tanti progetti con la Polizia di Stato come il progetto “Icaro“ per l’educazione alla sicurezza stradale nelle scuole. O il progetto “Chirone“, il “centauro saggio“, per formare i poliziotti della Polizia Stradale nella corretta gestione delle vittime e dei loro familiari. Oppure il progetto “ANIA Cares“ che fornisce in tutta Italia un servizio di pronto soccorso psicologico ai familiari di vittime".

L’introduzione del reato di omicidio stradale, senza il suo contributo, forse oggi non sarebbe realtà. Ma cosa resta ancora da fare?

"La missione dell’associazione continua ad essere “zero morti sulle strade fiorentine“. Città come Oslo ci sono già arrivate. Firenze, se vuole, può cambiare il suo sistema di mobilità. Partendo dall’adottare un vero safety system, con controlli, educazione, tecnologie e riduzione dei picchi di velocità con più zone30 in città".

Ha toccato un tasto dolente...

"Lo so. Ma ai detrattori rispondo che la città è già ingolfata di suo, le velocità medie stanno sotto i 20 chilometri all’ora. Si tratta solo di evitare i picchi. Perchè la questione si riduce tutta a una domanda di fondo: conta di più la vita o il minuto e mezzo risparmiato correndo come matti?".

Francesco Ingardia