Calenzano (Firenze), 5 novembre 2020 - “La domanda più inquietante che mi pongo è: se mi dovesse ricapitare, mi rifarei il tampone?” Comincia così lo sfogo di Elena, giovane mamma di Calenzano, un marito, due figli piccoli (uno alla materna, l'altro alle elementari) e come tutti, soprattutto in questo momento, tantissime cose da far quadrare. Bilanci familiari compresi.
La sua amara constatazione è che “se non lo avessi fatto quel 17 ottobre oggi sarei libera di uscire (il secondo tampone è ancora positivo), i miei figli non avrebbero perso 14 giorni di scuola, mio marito sarebbe andato a lavoro. Non lo so, la mia morale forse ancora me lo impone, ma non vi nascondo che adesso sono davvero stanca e demotivata”.
Proviamo a riassumere la via crucis di Elena. Il 16 ottobre viene a conoscenza del fatto che un sui contatto stretto è positivo. A quel punto si autoconsegna all’isolamento, e mette in quarantena “volontaria” i suoi familiari, compresa la madre. Il giorno dopo si sottopone privatamente ad un tampone pagandolo di tasca propria e viene contattata dall’ASL che le manda la pratica di quarantena fiduciaria. Due giorni dopo il risultato conferma la positività. A quel punto la donna chiama la ASL da cui era stata contattata, la quale però le dice che non può aprire la pratica e che si deve rivolgere alla sua ASL di riferimento (ASL Firenze Nord Ovest), ma visto che sono molto indaffarati le consiglia di aspettare che la chiamino.
Il 26 ottobre, dopo giri di telefonate - in cui regolarmente ‘rimbalza’ tra decine di centralini, compresi Carabinieri, Polizia Municipale, il Comune, numeri verdi regionali e non - e qualche mail, finalmente Elena riesce a parlare con la ASL. L’operatore si scusa dicendo che il periodo è difficile, chiede ‘frettolosamente’ i dati dei familiari e dopo poco arriva la pratica per l’isolamento, ma non quella di quarantena per i familiari, indispensabile soprattutto per il marito di Elena che ha bisogno per il certificato medico da inviare non potendo fare smart working. Nel frattempo Elena ha anche contattato ALIA spontaneamente avendo casualmente appreso di non poter smaltire normalmente i rifiuti. E qui l’altra beffa “prendono i dati e mi dicono che mi ricontatteranno a breve per il ritiro: morale della favola mi hanno ricontattato solo ieri e del ritiro ancora non se ne parla. intanto mi tocca tenere i rifiuti di 18 giorni in casa".
Finalmente il 31 ottobre la quarantena termina, come da disposizioni dopo 14 giorni dall’ultimo contatto con un positivo, mentre il provvedimento di quarantena che era stato promesso non arriva, nonostante i solleciti e le promesse della Asl.
"Comprendo la difficoltà del periodo - commenta Elena - ma anche per noi “positivi” non è affatto facile, ed essere completamente abbandonati da ogni istituzione aggiunge dolore e smarrimento a questa difficile situazione. Fortunatamente sono sempre stata bene e vivo in una casa che mi permette l’isolamento dai miei familiari. Ma non per tutti è così”.
“Credo che qualcosa non abbia funzionato” - aggiunge -. Capisco il sovraccarico, ma che fine ha fatto il tracciamento? È solo volontario ormai? Se non mi fossi informata e attivata autonomamente i miei familiari sarebbero potuti uscire, i miei figli andare tranquillamente a scuola: che conseguenze avrebbe avuto tutto questo? Se non avessi avuto familiari/amici che ci hanno aiutato come avremmo fatto per le problematiche quotidiane? Se i datori di lavoro miei e di mio marito non fossero stati comprensivi, a che titolo saremmo stati assenti da lavoro?". E ancora: " se non avessi avuto modo o capacità di informarmi, cosa avrei fatto?".
"Tralascio tutta la trafila con la scuola, le varie incomprensioni, la difficoltà ad avere notizie certe che vengono spesso affidate a semplici postille di circolari. Voglio solo ringraziare il Comune, l’unico ente che mi è stato veramente vicino. Per il resto ora sono solo stanca e demotivata” conclude Elena.