Prandelli, tre spiegazioni per un addio choc

Spogliatoio diviso, mancanza di ambizioni, ridotta analisi preventiva dell'impegno che stava per affrontare. In più, il tremendo stress psicofisico

Cesare Prandelli

Cesare Prandelli

Firenze, 24 marzo 2021 - Dopo la partita con il Milan, Prandelli ha alzato la zip del piumino e si è coperto il volto con una sciarpa, ha aperto la porta del suo spogliatoio e il cappuccio ha attraversato il corridoio per uscire dallo stadio. Nessuno fra i cronisti che lo aspettavano per le interviste lo ha riconosciuto. Prandelli ha lasciato il Franchi sgusciando accanto ai muri. Probabilmente - dentro di sé - aveva già deciso di dimettersi. Questa è la storia di un colpo di scena parzialmente prevedibile, almeno un rileggere i segnali delle ultime settimane: con difficoltà sempre maggiore, anche nel corso delle conferenze stampa affrontate con diplomazia, Prandelli riusciva a nascondere il proprio malessere. Così prima del Milan: «Sento un'energia negativa dentro di me, ma devo essere bravo a trasformarla in energia positiva». Già questo, conoscendolo un pochino, era un messaggio preoccupante: e poi nella sua lettera aperta dopo le dimissioni, l'allenatore ha parlato di un'ombra cresciuta dentro di sé, ha aggiunto di sentirsi a disagio, ha spostato sul lato umano le difficoltà calcistiche. Cominciata con un'overdose di entusiasmo poco più di quattro mesi fa, la seconda avventura viola di Prandelli è sfumata lasciandosi dietro una scia di domande irrisolte e tanti rimpianti. Il gioco, la classifica, la responsabilità che è diventata un peso, l'addio improvviso, niente è andato come avrebbe dovuto (con qualche eccezione, prima fra tutte la fantastica vittoria a Torino contro la Juventus).  Dovendo cercare un senso, ci sono comunque tre spiegazioni principali.

1) Le difficoltà generalisottovalutate. La voglia di rimettersi in gioco a Firenze è stata la benzina di Prandelli quando ha deciso di riaccendere la sua avventura viola. La firma è arrivata subito, senza alcun tipo di sondaggio, né raccolta di informazioni sul turbolento stato dell'arte viola. Due allenatori già cambiati in diciassette mesi, i conflitti extracalcistici aperti su più fronti, l'ingresso non esattamente in punta di piedi all'interno del calcio italiano. Clima dinamico, a dir poco. Pacchetto all inclusive con vantaggi e rischi.

2) Lo spogliatoiosenza identità. Siamo ancora nel settore «difficoltà», ma qui si va oltre: un allenatore che subentra di solito trova un gruppo di giocatori diviso o lacerato, non uno spogliatoio in cui il livello di ambizione è da ricostruire. E 'stato dunque centrale un lavoro da psicologo, più che da allenatore. Tante energie si disperdono.

3) La soglia di stress . Tantissime difficoltà da gestire in modo diverso rispetto alla prima esperienza in viola, il peso di una città amatissima da non deludere, la paura di sciupare il ricordo del proprio passato, momenti di grandissima «tensione fisica» dopo le partite contro Sampdoria, Benevento e Milan . Lunedì a Orzinuovi, un controllo per valutare la situazione. Poi la decisione: stacco e penso a me stesso.