Firenze, 27 ottobre 2024 – ‘Avendo in mente Michelangiolo e Vasari’ è l’atto unico che don Vincenzo Arnone, rettore della chiesa di San Giovanni all’Autostrada, capolavoro dell’architetto Michelucci, a fianco della corsia nord dell’Autosole nel territorio di Campi Bisenzio (Firenze). Il sacerdote con la passione della scrittura e del teatro ha affidato la sua creazione agli attori Silvia Budri, Mirko Batoni e all’allieva di Pamela Villoresi, Silvia Budri che a quattro mani con Santini ha firmato la regia. Il testo, che ha esordito sabato a Pistoia nella basilica della Madonna dell’Umiltà, per la quale Vasari ha realizzato la cupola, sarà in scena il 15 novembre ad Arezzo nella Pieve di Santa Maria, dove è sepolto Vasari, il 7 dicembre nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Caprese Michelangelo, dove è nato il grande artista, e il 10 gennaio ad Agrigento, nella chiesa romanica di San Nicola, nella Valle dei Templi.
“L’atto unico è ambientato nel 1550 allorquando Vasari e Michelangiolo abitavano e operavano a Roma. – racconta don Vincenzo – Il primo era ancora giovane, 39 anni, voglioso di fare, di progettare e di sognare; il secondo aveva oltrepassato i settanta e quindi pur avendo la fantasia e la mente ancora sveglie e vivaci, doveva fare i conti con l’età e la malattia alle gambe. Era un periodo di grande vivacità religiosa e sociale, sfociato nel Concilio di Trento indetto da Paolo III nel 1545 e conclusosi, con interruzioni, nel 1563 sotto il pontificato di Pio IV”.
"Un secolo molto importante per l’arte, l’architettura sacra, la cultura, sotto la guida e la spinta di vari Papi tra cui appunto Paolo III. – prosegue don Arnone – Da aggiungere che quell’anno si svolgeva il Giubileo, che dal 1300 ad oggi cade ogni 25 anni, secondo la volontà di Bonifacio VIII e poi di tutti gli altri Papi successivi. Quello del 1550 venne indetto, sul finire del 1549, da Papa Paolo III che poi morì e venne approvato e continuato da Papa Giulio III, romano de Roma, eletto nel febbraio 1550. In quell’anno, tra gli altri, abitavano e operavano a Roma San Filippo Neri e Sant’Ignazio di Lojola. L’ambientazione storico religiosa è necessaria per comprendere il testo e per entrare nella dimensione morale degli eventi personali, sociali e comunitari che vedono coinvolti i due grandi artisti”.
"Il salto temporale dal secolo XVI ad oggi, spiritualmente e artisticamente, dà modo di leggere il lavoro come se narrasse fatti a noi contemporanei, – spiega ancora don Vincenzo – sotto l’esperienza dei due artisti. Il testo è costituito su connotazioni storiche essenziali per poi sciogliersi ancora di più su sentimenti di pentimento, di purificazione e di mistica, in modo particolare di Michelangiolo, molto sensibile, data l’età e l’esperienza passata a Firenze e in altre città, ai richiami della fede: tra orazioni, invocazioni e canti spontanei i due si uniscono alla folla nel pellegrinaggio alle Sette Chiese. Avendo in mente Michelangiolo e Vasari, non è quindi un atto unico aridamente storico, ma artisticamente inquieto, forte, provocante, specialmente per ciò che riguarda Michelangiolo nel sentimento di purificazione e di mistica”.
E’ anche per questo che il luogo ideale per la rappresentazione è una chiesa perché al suo interno nasce la tensione spirituale che porta il poeta a vedere ‘oltre’ la banalità quotidiana, circoscritta da qualunquismo e ipocrisia. Le rappresentazioni di Pistoia, Arezzo, Caprese Michelangelo e Agrigento danno modo di aprire un ventaglio di suggestioni poetiche e teatrali a un pubblico vasto. “Lo spettacolo – conclude don Arnone – è nato letterariamente come racconto nel 2008, pubblicato all’interno di Romanzo Toscano dello stesso anno e poi su Toscana Oggi il 14 febbraio 2016. Quest’anno ho pensato di farne la trasposizione teatrale”.