LORENZO OTTANELLI
Cronaca

Primavera Fiesolana: Matthias Martelli apre con 'Mistero Buffo' di Dario Fo

La rassegna al Teatro di Fiesole inizia con 'Mistero Buffo' di Dario Fo, interpretato da Matthias Martelli.

L’attore Matthias Martelli in scena con il capolavoro di Dario Fo ’Mistero Buffo’

L’attore Matthias Martelli in scena con il capolavoro di Dario Fo ’Mistero Buffo’

Saranno le giullarate popolari ad aprire la seconda edizione della Primavera Fiesolana, la rassegna che da domani al 16 aprile porterà sul palco del Teatro di Fiesole anche Simona Molinari, Tonino Carotone e Giulio Wilson. La prima serata, domani (ore 21), sarà inaugurata dal capolavoro del premio Nobel Dario Fo, quel ‘Mistero Buffo’ che ha rivoluzionato il teatro. A portarlo in scena è Matthias Martelli, da anni in tour con il progetto che vanta oltre 200 repliche in tutto il mondo.

Martelli, sono passati 56 anni dalla prima rappresentazione di ‘Mistero Buffo’. Perché è ancora attuale?

"Per i temi universali, come l’ipocrisia del potere, la gioia di condividere il momento, la rivincita dei diseredati. Il tutto trattato con un linguaggio particolare, reinventato da Dario Fo ma ripreso dalla tradizione medievale".

Ha scoperto ’Mistero Buffo’ da bimbo guardando un Vhs…

"Avevo otto o nove anni. C’era Fo in tv che aveva già quasi 50 anni e giocava come un bambino, cambiava voci, passava da un personaggio all’altro. Mi sembrava che potesse sciogliere la durezza e il gioco potesse essere caratteristica del teatro e della vita".

Sono la gestualità e il grammelot a rendere lo spettacolo ipnotico per tutti?

"È così, è un’adesione spontanea, immediata. Per adulti e bambini. Tutte le questioni intellettuali arrivano di conseguenza".

Dario Fo la chiamava ‘giullarata popolare’. Quanto è importante oggi il ruolo dei giullari?

"Tramite la risata e il racconto gestuale si possono portare alla luce le magagne del potere di tutti tempi, anche del nostro. È un’energia attiva di cambiamento che porta alla cultura, alla presa di coscienza, al gioco che scioglie ogni durezza e fa immaginare soluzioni e mondi".

Uno spettacolo scritto durante il periodo della contestazione. Oggi com’è la contestazione?

"La contestazione di oggi non è certo il movimento operaio, non ci sono più gli spazi collettivi. Adesso c’è una sorta di apatia politica, perché la intendiamo una cloaca che ci allontana. Si pensa al proprio lavoro, al proprio interesse. Ma bisogna anche valorizzare, come diceva Calvino, ‘quel che inferno non è’, l’impegno dei ragazzi sull’ambiente, sui diritti civili e sociali". Dario Fo ha aperto una porta che è impossibile chiudere? "Ha riaperto la porta stilistica di un tipo di teatro, fisico e gestuale, diverso da quello della narrazione. Ha ricostruito uno stile che funge da ispirazione per altri autori. Continuerà per parecchio tempo".

La regia è di Eugenio Allegri, scomparso nel 2022. È un modo per portarlo sempre con lei?

"Sicuramente, è sempre con me sul palco. Quando abbiamo iniziato non avevamo una produzione, eravamo al ‘Teatro della caduta’ di Torino, non c’erano teatri stabili a supportarci. Lui mi ha formato in maniera totale. Mi ha fatto capire cosa significa muoversi sul palco, come ogni gesto assume un’importanza. È stata la mia seconda scuola".