Firenze, 28 marzo 2022 - Per l’emergenza scatta il piano d’emergenza. Non è un gioco di parole, purtroppo. I pronto soccorso della Toscana sono sempre più in difficoltà per la fuga di personale. In particolare mancano i medici. E nel dettaglio, il sudoku delle ferie estive, fa alzare bandiera bianca ai primari che con i numeri già ridotti all’osso, non riescono a garantire le presenze minime necessarie ai turni di servizio.
Il collo di bottiglia delle ferie d’estate non lascia molto margine per le fantasie. Bisognerà intervenire con un’organizzazione straordinaria che preveda la turnazione con medici di altre affini specialità, in primis gli internisti che lavorano nei reparti di Medicina, per nulla entusiasti della staffetta, anche se allettati da straordinari ben pagati.
Ma per ora l’alternativa sarebbe azzerare le ferie al personale di pronto soccorso che è esausto per un altro anno trascorso in trincea con il Covid che ha richiesto ancora un impegno straordinario e che continua a richiederlo per la necessità di diversificare i percorsi tra pazienti positivi al virus e negativi, da individuare subito per evitare che il contagio si diffonda nella struttura e a tutti i malati.
E se è vero che la carenza di medici riguarda un po’ tutte le discipline, l’aumento deciso da Roma delle borse di studio nelle scuole di specializzazione consente almeno di sperare nel futuro, per la medicina d’emergenza-urgenza non è così perché mancano i candidati: i laureati non si iscrivono. Su 1.077 borse in Italia, 456 sono rimaste senza titolare.
Ormai da traguardo appetibile per il fascino dei medici in prima linea che salvano vite umane, il pronto soccorso è diventata una destinazione da evitare. Una caienna, inferno dei vivi. Troppo usurante, claustrofobico, pieno di responsabilità, difficilmente conciliabile con la vita privata e con l’attività libero professionale che fa crescere le entrate a fine mese.
Per questo i medici se ne vanno a frotte. Quattro lasceranno il pronto soccorso di Santa Maria Nuova tra la fine di marzo e la fine di maggio: due hanno preferito fare il medico di famiglia, altri due tornare all’università per completare la specializzazione e uscire dal percorso dell’emergenza-urgenza.
Chi lavora in pronto soccorso lavora tre domeniche al mese e, negli ultimi tempi, è costretto anche a fare sei-sette notti al mese. Turni massacranti.
In Regione al tavolo di lavoro istituito dall’assessorato alla salute ci si confronta ma è difficile trovare una soluzione. L’imbuto del piano ferie è il primo problema da risolvere per evitare il blocco delle ferie del personale, al quale sarà comunque richiesto di ridurre i periodi di vacanza e vietato assentarsi per periodi più lunghi di due settimane. E’ stato anche rinviato il concorso di Medicina interna bandito dall’Università di Firenze: ci si aspetta un esodo di massa dal pronto soccorso.
In ogni caso è proprio con la medicina interna che si sta ragionando: un’ipotesi è quella di chiamare volontari da pagare con produttività aggiuntiva (un superstraordinario), anche se questo creerebbe disparità di trattamento.
Purtroppo mettere una pezza per salvare l’estate non basterà a risolvere il problema che ormai è strutturale. Programmare in lungo è un imperativo. Ma per far questo probabilmente non saranno sufficienti le iniziative autonome regionali. Serve rendere appetibile il lavoro in pronto soccorso: aumentare lo stipendio potrebbe essere un primo passo, certo non basteranno i 90 milioni inseriti nella manovra finanziaria a questo scopo. Perché non sono cento euro al mese a fare la differenza. Inoltre ci sono i problemi della responsabilità, dei contenziosi, delle aggressioni. Non ultimo quello della progressione di carriera e la possibilità di uscire dopo un periodo trascorso in pronto soccorso per collocarsi altrove.