ILARIA ULIVELLI
Cronaca

Viaggio nella città del sesso. In un chilometro 70 prostitute, clienti in fila

Una notte a Novoli. Nella cittadella del sesso, dove domanda e offerta si incontrano sulle strade piene di ragazze che danno il loro corpo in affitto per pochi euro. Vite annebbiate, schiavizzate, tormentate. File di clienti, persone di ogni genere, non riunibili in categorie, che trasformano il quartiere in un mercato a luci rosse dalle prime ore della sera fino a quando l’alba non comincia a bussare alla Mercafir

Prostituzione

Firenze, 30 luglio 2017 - "Pensi sia facile?". Le spara così, tre parole abbassando lo sguardo impastato di mascara. Anticipa lei il punto interrogativo, con una domanda che non lascia scampo. Facile? Rimbalza come sulla guancia uno schiaffo inatteso, quella parola che non è una domanda, piuttosto una preghiera a lasciarla in pace. Deve lavorare, Daniela di Romania, ventisei anni, un figlio di sette e un babbo malato a millecinquecento chilometri da qui. Chissà se è vero o se è una di quelle bugie lavorate all’uncinetto per provare a sedare il giudizio altrui ma che davanti allo specchio sbavano il trucco al sapore di sale, quello delle lacrime.

"Devo lavorare", ripete quasi per scacciare l’incubo delle domande che non vuol sentire e che la metterebbero davanti alla necessità di dare una risposta, a se stessa prima che a tutti. Lavorare, lavorare. Deve farlo qui. Su questa strada grande dove non c’è un rifugio per ripararsi dai colpi del destino: in viale Guidoni, tra controviali e traverse, baracche e chioschi, siepi e marciapiedi, in meno di un chilometro quadrato di Daniela, tra mezzanotte e le due e mezzo del sabato appena nato, ne abbiamo incontrate più di settanta. Anime che poi si perdono in una notte che sembra non finire mai. Una notte bollente come questa estate di sole a dispetto, un sole che si fa beffe di chi dentro sente un freddo cane. Addosso, lei e le altre, hanno poco più che niente, la pelle istoriata dai tatuaggi e levigata con le creme. Il resto, in molti casi, è un dettaglio di biancheria intima a buon mercato. Ragazze dell’Est, alcune poco più che bambine. Tante, la maggioranza, giovanissime e belle, tirate come modelle, unte e troppo gonfiate con qualche filler per stirare le prime rughe e di protesi a maggiorare il seno. Peccato, non servirebbe, soprattutto quando la natura è già stata di manica larga e quando la gioventù fa il resto. Poi donne mature: asiatiche e africane. Poche di loro erano nate dell’altro sesso, poi hanno preferito essere femmine. Le italiane? "Spesso preferiscono fare le escort, a casa". Ma qualcuna c’è. Corpi in vetrina da affittare per un quarto d’ora o anche di più al migliore offerente, ma anche al peggiore: le tariffe partono da venti euro. Miserie, elemosine, svendite. Schifo. Perché il bisogno di soldi cancella la possibilità di scegliere. La dignità. Mica vero, mica sempre. Daniela, perché non un altro lavoro? "Per guadagnare mille euro al mese? Ci pago l’affitto e poi come vivo?", dice. Anche se c’è chi potrebbe dare lezioni su come si riesce a campare con molto meno, è difficile non pensare al racket che mangia e prospera dietro alla disperazione. Vivere nell’agio è un altro discorso, qui sembra troppo, ma per togliersi il dubbio: è questo a cui Daniela non vuole rinunciare? "Quale bella vita, io ho un bambino che mi aspetta a casa e un padre malato a cui devo pagare le medicine. Ma ora basta. Lasciatemi lavorare". In effetti i clienti scappano. Troppa gente. Giornalisti guastafeste.

Verità o bugie? Cerchiamo un confine, se è utile trovarlo. Anche no, non cambierebbe le cose. Ma Daniela di Romania e si capisce bene da quelle sue frasi smozzicate, ma soprattutto dagli occhi che scavalcano le tante passate di kajal per raccontare la sua paura di vivere. Una paura che supera, sovrasta e domina la paura di morire. "La morte è già nel cuore, sono già morta un po’". Le ha uccise una speranza che non c’è, Daniela e le altre. Sono state ammazzate da una strada che non si trova. E quelle costrette dagli sfruttatori ne hanno una sola e obbligata: quella su cui passeggiare. E accoccolarsi per trovare sollievo dai trampoli che le staccano di venti centimetri almeno dall’asfalto. La speranza, già, la speranza: l’unica che conoscono bene queste ragazze è che arrivino i clienti e che se ne vadano il prima possibile, magari anche soddisfatti che poi tornano e sono, ogni volta, almeno un poco più affidabili degli sconosciuti.

Benvenuti a Novoli, la cittadella del sesso. "Credi che sia facile?". Santapazienza che tortura, Daniela. Un altro lavoro no, eh? "Ho finito il liceo, ma non l’università. Volevo fare l’avvocato. O anche il tuo lavoro". Un’altra coltellata. Bugia o verità non importa. Lei è lì. Tantissime sono lì per accontentare con gesti meccanici, mandati a memoria, affinati con la pratica di ogni notte, le perversioni di uomini qualsiasi. Sposati, fidanzati, felici o ripiegati su se stessi, sani e malati anche nella testa, ricchi e non. Sempre lì, ogni notte più che santa maledetta. Eppure l’alternativa c’è. C’è una strada, ci sono tante vie d’uscita. Difficili, sì. Tutto è difficile per tutti. Per qualcuno è più difficile che per altri. Per tanti forse è quasi impossibile ma una salvezza dalle strade del sesso c’è. E la luce si intravede nella speranza. La coscienza è un faro. E ricorda che con le parole si possono raccontare bellissime bugie, soprattutto a se stessi, ma gli occhi no. Sono sinceri come quelli di Daniela. "Credi che sia facile?".