Fabrizio Morviducci
Cronaca

Psichiatra minacciata: "Un’ora di vero terrore. E non è stato un raptus imprevedibile"

Il racconto della psichiatra tenuta in ostaggio insieme a un infermiere: "Aveva un coltello e un cacciavite, voleva ottenere delle pillole. Ma il suo caso è noto, ha già creato il panico in ospedali e case famiglia"

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Una dottoressa nei corridoi dell'ospedale (Foto di repertorio)

Firenze, 30 luglio 2024 – Una psichiatra e un infermiere sequestrati con la minaccia delle armi da un balordo al centro di salute mentale di Montedomini. Dopo l’episodio assurdo dell’altro giorno, riportato dal Corriere Fiorentino, è il mondo sanitario a interrogarsi su quali misure siano necessarie per garantire la sicurezza agli operatori che si trovano in prima linea, non solo nei centri psichiatrici, ma anche nei pronto soccorso e nell’emergenza sanitaria.

Sul tema è intervenuto il presidente dell’Ordine, Pietro Dattolo: «A distanza di poco più di un anno dall’omicidio della psichiatra Barbara Capovani, a Pisa, la storia ha rischiato di ripetersi. Quella del Montedomini è, peraltro, soltanto una tra le circa mille aggressioni che i medici, gli infermieri, gli operatori socio-sanitari, gli assistenti sociali, gli educatori e tutte le altre figure che lavorano nel nostro settore, subiscono ogni anno. Non è più ammissibile andare avanti così. Serve un altro omicidio per capire che bisogna fare qualcosa?»

"Lei dottoressa per questa volta la risparmio, ma lui lo ammazzo". Sono stati attimi di paura l’altro giorno, nel centro di salute mentale di Montedomini, dove un 50enne ha tenuto in ostaggio per quasi un’ora la psichiatra in servizio, Martina Moneglia, e un infermiere che era con lei negli uffici. "Non si è trattato però di un incidente – dice la dottoressa – gli incidenti sono quelle cose che succedono senza un preavviso; se ne rimane vittime ma si ha anche la consapevolezza che non si potevano evitare. Il 50enne che ci ha sequestrati è noto da tempo sia alle forze dell’ordine che ai servizi sanitari. E’ stato protagonista di episodi di violenza ben noti a tutti: all’albergo popolare ha minacciato il primario con una catena, al pronto soccorso di Santa Maria Nuova ha lanciato calcinacci, ha spaccato porte e terrorizzato operatori nelle due case famiglia dove è stato. Ed è arrivato anche nella nuova struttura di Montedomini dove siamo da appena tre settimane. Non era impossibile prevedere che sarebbe venuto anche da noi con l’intento di metterci in pericolo".

E in effetti l’uomo, è finito tantissime volte nei guai per violenza anche nei confronti dei familiari. A più riprese è stato portato nei pronto soccorso fiorentini dalle forze dell’ordine che lo hanno preso in carico, ma i medici avrebbero escluso che sia affetto da patologie psichiatriche acute descrivendo i suoi comportamenti come adeguati al contesto (ad esempio alla presenza o assenza delle forze dell’ordine) e di marca antisociale.

L’altro giorno è entrato seguendo un paziente che aveva suonato il campanello. Poi è arrivato fino in infermeria dove ha trovato la dottoressa, che in quel momento non era di turno, un altro medico, un infermiere, un operatore sanitario. L’uomo avrebbe cominciato a blaterare all’indirizzo della psichiatra, che a quel punto ha provato a mettere in atto con l’infermiere le tecniche per ‘smontare’ la sua collera. Lo ha portato in uno degli uffici, gli ha detto di accomodarsi. Una volta nell’ufficio, il 50enne ha estratto un cacciavite e un coltello.

"Ha sistemato il coltello sulla scrivania in bella vista per far capire le sue intenzioni – racconta Moneglia – in mano teneva il cacciavite. Ha tirato fuori anche il sellino di una bicicletta, che ha come supporto un tondino di ferro di almeno 30 cm. Fuori dalla stanza aveva lasciato una tanica di qualche liquido, presupponiamo infiammabile. Quando ho visto il coltello mi sono alzata in piedi, lui mi ha detto ‘si sieda’. Io sono rimasta ferma; immobile, a subire minacce di morte, con quest’uomo armato che ci ha imposto la sua violenza per 45 minuti". E che a un certo punto si è alzato, ha preteso delle pillole dalle quali è dipendente, e se ne è andato. "Siamo in quella struttura da poco tempo – aggiunge Moneglia – e dovremmo intervenire con alcuni accorgimenti per la sicurezza, come per esempio un bottone rosso per l’emergenza come se ne vedono nei pronto soccorso. Quello che però sconcerta, dopo aver vissuto forse una delle peggiori esperienze della mia vita professionale, è il senso di impunità che queste persone trasmettono".