
Stefano Sartoni, in arte ’Passarella’, racconta la curva degli anni senza gli smartphone "La coreografia del ’91? Pensarono ci fosse dietro Zeffirelli. Ma era solo la nostra passione".
Gradoni di cemento, tabacco sminuzzato, birra a gozzate, sciarpe di lana sulle labbra rosse e rotte di freddo, fumogeni ficcati nelle narici, adrenalina, mani spellate, mani sudate. Pallone sbucciato, analogico. Linea a Ciotti o a Provenzali. Qui c’era il caustico Marcello Giannini. Noi il microfono lo diamo oggi a Stefano Sartoni, il ’Passarella’, signore della Fiesole, capo del Cav, anni ’80-90-2000. Parola a lui.
Com’era il tifo una volta?
"Molto più spartano".
Non c’erano gli smartphone.
"Il telefono era quello di casa. O sennò c’era il gettone".
Non le viene un po’ di amarezza nel vedere i video delle curve di oggi? Il mondo ultras ha sempre avuto regole non scritte. Mostrarsi agli altri, al netto delle coreografie, forse non rientrava tra queste.
"I tempi cambiano. Ma è cambiato anche qualcosa di più profondo".
Ovvero?
"Oggi perfino una rissa in un derby di paese viene ripresa con il telefonino e condivisa sui social. Prima era il contrario. Tutto ci passava per la testa tranne che farci immortalare. E poi c’è un’altra cosa che proprio non capisco degli ultras oggi".
Ci dica.
"Ma dove vanno tutti incappucciati e vestiti di nero?".
Tendenze social, forse.
"Ai miei tempi allo stadio si andava solo con la sciarpa viola. Al collo. O legata a una gamba. Ma, insomma, si capiva subito da che parte stavi. Oggi mi sembrano tutti uguali...".
Non le viene mai voglia di ributtarsi nella mischia?
"Ma via, ho sessant’anni. Certo la passione c’è ancora, mi arrabbio se si perde ma non è comunque più il mio mondo. Noi eravamo un po’, passatemi il termine, più ’zingari’. Però c’era più lealtà, amicizia pura. E infatti ancora oggi...".
Ancora oggi?
"Sono in un gruppo WhatsApp con i ’vecchi del Cav’. Con tanti non ci si vede da anni perché con il tempo tutto cambia. Ma ci siamo ancora. L’uno per l’altro. Se alle 2 di notte uno buca una gomma io corro a aiutarlo. E so che lui lo farebbe per me".
Son cambiati i ragazzi di oggi?
"Non saprei. Ai miei tempi alle undici la sera in piazza all’Isolotto si giocava a pallone. Bastavano due giubbotti per fare le porte e via. Dopo la scuola poi si andava tutti al bar. Noi, come quelli di Coverciano, di piazza Indipendenza. Però ecco, i giovani della nuova curva Fiesole...".
Le piacciono?
"Sì, mi pare si ispirino ai valori del tifo di una volta".
A 60 anni se si guarda indietro c’è una cosa, nella sua storia di capo ultras, di cui si pente e qualcosa che invece la rende orgoglioso?
"Il nostro mondo è fatto di tante cose belle. Penso ai soldi raccolti per i bambini del Meyer".
Ma il pentimento?
"Da giovani si fanno anche le bischerate, eh".
Ce ne dica una.
"La storia di Montepulciano".
Confesso la lacuna.
"Rissa con i romanisti all’autogrill. Loro scapparono attraversando l’autostrada di corsa. Andò bene: se qualcuno fosse finito sotto una macchina? Cose folli, l’adrenalina di quegli anni...".
Andò bene via.
"Sì. E comunque ecco, c’era una codice, poi finiva lì".
Il ricordo più bello?
"Ho vinto poco. Però quella coreografia del 1991...".
Fiorentina-Juventus. I monumenti riprodotti in Fiesole.
"Fu il massimo. La prima volta in Italia che una curva faceva una cosa del genere. Io coordinavo dal campo. Sa che dissero che dietro quel capolavoro ci fosse Franco Zeffirelli...".
Vi diete qualche dritta?
"Macché. Solo che nessuno capiva come fossimo riusciti a fare uno spettacolo simile. E invece tutto nacque da un semplice disegnino su un foglio. Poi mettemmo i nastri tipo vigili urbani sui gradoni e si divise tutti i seggiolini: bianchi e viola".
Mai entrata la politica in curva?
"Mai. Ognuno votava chi voleva ma in Fiesole c’era solo il viola. Semmai qualche problema c’è stato con il Calcio Storico".
Cioè?
"Magari nel Cav c’erano degli Azzurri, qualche Rosso. In altri gruppi ragazzi di altri Colori. Io mediavo".
Faceva il politico.
"In un certo senso. Però, ad esempio, la politica compromise anche il rapporto di amicizia con i livornesi".
Perché?
"Noi siamo gemellati da cinquant’anni con il Verona. Estrema destra"
Già.
"A un certo punto stringemmo rapporti anche con i livornesi. Estrema sinistra".
Gli opposti non si attraggano.
"A loro questo nostro legame con i veneti non andava giù. Si rischiò anche un gran casino".
Quando?
"Fiorentina-Manchester United di Champions. Vennero a fare il tifo per noi sia i gialloblù che i labronici. Solo che davanti al bar Sorriso si trovarono gli uni accanto agli altri. I livornesi cominciarono con il pugno chiuso. Gli altri non è che insomma... fossero gente che si tirava indietro...".
Ahia.
"Noi si disse ’A Firenze la politica non entra’. Capirono".
Usciamo dalla curva. Lei oggi lavora per una nota impresa di pompe funebri. Deve relazionarsi con la morte.
"Dolore vero".
Si è abituato?
"Con il tempo forse sì. Essere stato ultras mi ha temprato, in un certo senso. Però, vede, se muore una persona anziana c’è tristezza, ma si capisce che fa parte del ciclo della vita".
Vede anche persone giovani andarsene.
"Sì. E lì è dura. Tosta. Davvero".
Ok. Rallegriamoci. La sua canzone preferita?
"Firenze Santa Maria Novella di Pupo. Ci sono dentro la Viola e Antognoni".
Unico capitano?
"Unico, solo lui".