Firenze, 18 maggio 2021 - L’alba del 16 luglio 1945, quando gli Stati Uniti dettero il via al test Trinity, il primo esperimento atomico condotto nel deserto del New Mexico, non fu solo l’inizio di una nuova era. Il primo fungo atomico causò infatti anche la creazione del primo quasicristallo prodotto, del tutto involontariamente, dall’uomo. Lo straordinario materiale è stato identificato nei detriti depositatisi quel giorno di oltre ottanta anni fa nell’enorme cratere creato dalla bomba. Autori della scoperta sono i ricercatori del team internazionale coordinato da Luca Bindi, docente del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Firenze.
Lo studio, che è stato pubblicato da Pnas, potrà avere ricadute anche sulla strategia della deterrenza nucleare.
“Il nuovo materiale si è formato accidentalmente durante il primo test atomico che gli americani effettuarono nell’ambito del Progetto Manhattan – racconta Bindi–. La detonazione causò la fusione della sabbia circostante, della torre di prova e delle linee di trasmissione in rame, andando a formare un materiale vetroso noto come trinitite. Ed è proprio studiando i frammenti di trinitite nei laboratori Unifi – prosegue il ricercatore – che abbiamo scoperto il più antico quasicristallo creato dall’uomo, che ha una composizione chimica finora sconosciuta, Si61Cu30Ca7Fe2, legata alle condizioni in cui si è formato, e una caratteristica peculiare: la sua data di creazione è indelebilmente impressa nella storia”.
I quasicristalli sono materiali unici, i cui atomi sono disposti come in un mosaico, in modelli regolari ma che non si ripetono mai nello stesso modo, come succede invece nei cristalli ordinari. Il primo fu creato in laboratorio da Dan Shechtman nel 1982 (lavoro che gli valse poi il Premio Nobel per la Chimica) e da allora tali materiali, per la loro eccezionale struttura, sono stati utilizzati in una varietà di applicazioni tecnologiche.
“Fino a oggi sapevamo che i quasicristalli in natura si formano a condizioni estreme di temperatura e pressione: gli unici due documentati, l’icosaedrite e la decagonite, erano stati infatti ritrovati, proprio grazie alle mie precedenti ricerche, nei frammenti di una meteorite caduta sulle montagne del Koryak, nell’estremo oriente della Russia, circa 15mila anni fa – spiega Bindi –. Le condizioni in cui i due quasicristalli si erano formati, probabilmente in collisioni tra asteroidi nello spazio agli albori del sistema solare, sono paragonabili a quelle prodotte in esplosioni atomiche. Per questo ho deciso di studiare attentamente il materiale del test Trinity”.
Uno dei risvolti della scoperta, che coinvolge anche gli studiosi delle Università di Princeton e del Massachusetts, del California Institute of Technology e del Los Alamos National Laboratory, ha a che fare con le azioni di contrasto alla proliferazione nucleare. Perché, diversamente da quella degli altri detriti che si formano in seguito a esplosioni nucleari, la composizione dei quasicristalli rimane stabile nel tempo e potrebbe quindi testimoniare lo svolgimento delle esplosioni stesse. “Oltre a dare informazioni sulle conseguenze di un’esplosione atomica – conclude il ricercatore – la nostra scoperta apre nuovi orizzonti di ricerca legati alle condizioni straordinarie in cui i quasicristalli possono essere creati”.