Stefano
Cecchi
Sì, il Mostro di Firenze non è materiale hollywodiano ma una tragedia popolare di questa terra. Non ci sono suv o fuoriserie californiane sulle scene dei delitti, ma utilitarie Fiat, le Panda, le 127, le Ritmo, a volte prese in prestito dai padri per poter consumare la cosa più bella dei 20 anni, l’amore non ancora inquinato dalla vanità. E quella vita portata via a tradimento, quella violenza animale e inutile, ha lasciato ferite profonde non solo nei familiari delle vittime, non solo nella gente che conosceva quei ragazzi tutt’altro che anonimi, ma in tuta una comunità, quella fiorentina, che al tempo ha sentito anche la propria anima trapassata da quelle revolverate bestiali. Per questo servirebbe una consapevolezza alta per raccontare ciò. Un rispetto antico che spesso non sembra essere nelle cose di chi si avvicina da lontano alla vicenda. Sono le stesse parole del regista a confermarlo. "Noi vogliano raccontare – ha detto – cosa succede quando un intero Paese inizia a credere a una menzogna, alimentata da uomini corrotti al potere... combinandola poi con una storia epica che ha letteralmente di tutto: un avvincente mistero di omicidio, culti satanici, gangster, poliziotti deviati e una vasta cospirazione. È il sogno di ogni regista che diventa realtà".
Ecco, anche se proprio non riusciamo a capire tanto entusiasmo epico tantomeno cosa c’entrino i delitti del Mostro con gli uomini corrotti al potere (???), se davvero questo indicato dal regista dovesse essere il filo conduttore col quale ci si appresta a riportare in tv quell’orrore , per Firenze sarebbe una ferita che si riapre con un riversarsi di dolore inutile, un tradimento doppio. Che fare spettacolo televisivo sul dolore è qualcosa sul quale prima o poi questa società dovrà riflettere e a fondo.