REDAZIONE FIRENZE

"Quell’amicaccio nel nostro Dna. Ecco la lezione imparata dal fiume"

Luciano Artusi, l’alluvione del ’66 e la voglia di andare oltre ogni ostacolo

Luciano Artusi, 93 anni, divulgatore e storico c on alle spalle più di cento pubblicazioni dedicate alla storia fiorentina

Luciano Artusi, 93 anni, divulgatore e storico c on alle spalle più di cento pubblicazioni dedicate alla storia fiorentina

"Se fosse una persona? L’Arno sarebbe un amicaccio. Uno di quelli con cui divertirsi e fare fesserie. Non riuscirei mai a vederlo come un patrigno cattivo". Luciano Artusi, 93 anni, divulgatore e storico il fiume, come tutti i fiorentini, lo ha dentro. Ed è lì, nel profondo che, nelle ultime 48 ore, sapeva che quell’amicaccio avrebbe fatto il bravo. Alzando sì la sua testa spaventosa agli Uffizi, ruggendo sotto Ponte Vecchio a quattro metri e mezzo d’altezza. Ma tornando, dopo i bagordi, al suo posto.

Artusi, ha avuto paura?

"No, ma immagino che la città ieri abbia un po’ avuto i volti dei caproni che sono sul ponte Santa Trinita".

In che senso?

"I due capricorni scolpiti sulle arcate del ponte hanno due espressioni: quello a monte è accigliato perchè guarda la piena dell’Arno arrivare, quello a valle che guarda verso le Cascine è rilassato perché la piena è passata".

Segno del rapporto che la città ha col suo fiume.

"È nel nostro Dna. Firenze nasce in virtù dell’Arno. I legionari romani nel 59 a.C. quando vennero a fondare la colonia di Florentia scelsero questo luogo per l’acqua e la via fluviale: era la più diretta e non costava nulla. Ma anche per il suo terreno fertile, visto che la ’conca’ di Firenze prima era un lago".

Lei nel 1966 c’era. Quei giorni ci hanno cambiato per sempre?

"Hanno tirato fuori quello che già è dei fiorentini: siamo duali, divisi, ma nelle avversità i fiorentini sono ineguagliabili per spirito di solidarietà. E poi c’è l’altro spirito".

Cioè?

"Lo spirito. In quei giorni ero assegnato a fare l’inventario degli alluvionati. Ricordo che in piazza Gualfredotto c’era un ristorante: stavano spalando il fango con un rastrello. E fuori avevano appeso un pezzo di carta gialla a mo’ di menù: ’Oggi umido’. Saranno stati distrutti? Sì. Ma avevano voglia di strappare una risata".

Cosa pensò il 4 novembre?

"Per me l’Arno era sempre stato quello d’argento, romantico dei poeti. Sapevamo delle piene, ma non c’era la percezione del pericolo. Mi svegliai e dal terrazzo vidi questa distesa di acqua fangosa che veniva già velocissima".

Cosa fece dopo?

"Furono settimane di gran lavoro, andai come volontario in una delle scuole allestite come punto di soccorso. E lì passai mesi a fornire beni di prima necessità. Gli aiuti arrivavano, ma c’era il problema di distribuirli. Ci trovammo a tagliare con la sega di un idraulico degli enormi tonni surgelati per darli alle persone. Nessuno mai si disperò, c’era troppo da fare".

Lo spirito di cui parla è anche nelle nuove generazioni?

"L’Arno andrebbe riscoperto, molti ora non gli danno l’importanza che merita e lo vedono come una discarica".

A lei cosa ha insegnato il fiume?

"Ha dato dato in un certo modo senso al mio lavoro. Il mio primo libro ’L’antico gioco del calcio a Firenze’, edito da Sansoni è stato scritto per l’Arno. Mai prima dell’alluvione avevo pensato che avrei scritto un libro. E oggi sono a quota 102 libri".

Perché lo scrisse?

"Il magazzino, le divise, le armature del Calcio Storico erano in Santa Maria Novella e in piazza Santa Croce. L’acqua rese le pareti impregnate d’umido: sembravano prati bagnati dalla rugiada. I pettorali delle armature e le bandiere erano danneggiate. Io dovetti ripartire da zero per salvarli: non c’era un libro che spiegava come rifare i colori, le frange, come fare ordine. Ho rifatto tutto da capo".

E l’Arno?

"Ecco appunto. Il fiume ci ha insegnato questo: io in quel libro ho scritto tutto quello che avevo paura andasse perduto, per evitare che qualcuno come me dovesse ripartire da zero.Nulla può andare perduto anche nelle catstrofi se ciascuno di noi lascia qualcosa: un segnale per chi verrà dopo".

Claudio Capanni