Eleonora Guidi, 34 anni, è stata uccisa con sette coltellate alla schiena mentre preparava il caffè nella casa che divideva con Lorenzo, il compagno-assassino, padre del loro bimbo piccolo che sabato ha lasciato le mura domestiche infagottato in una coperta tra le braccia forti della nonna. Sarà un orfano ‘speciale’ - si dice per descrivere i bambini senza mamma, uccisa dal padre – ma di certo la sua vita sarà per sempre segnata.
Dopo lo choc e lo strazio di intere famiglie e di una comunità rimasta attonita di fronte a una tragedia non annunciata, inizia la corsa a chiedersi perché. Perché Eleonora è stata ammazzata? Perché Giulia, perché Melania, perché Chiara? Perché 3mila donne sono finite sul campo di battaglia di una guerra senza confini e senza eserciti?
Chiediamoci i motivi di tutto ciò ma stiamo attenti: cercando il movente non parta un processo di giustificazione o quantomeno di minimizzazione. Perché non si potrà mai comunque giungere ad una assoluzione davanti al tribunale degli uomini, perché non ci sia mai un uomo che possa dire: "L’ha uccisa ma... lui stava male, non era in sè, non si rendeva conto di quanto stava facendo. L’amava troppo".
L’interrogarci sui motivi serva soltanto a intervenire prima, a intercettare il disagio anche psichico laddove c’è (patologia sempre in aumento che resta invisibile), a riscrivere la storia di una generazione di giovani maschi (la maggior parte dei femminicidi avvengono nella fascia under 40) che non contemplano altra comunicazione se non la violenza, non riuscendo a gestire l’emozione primordiale dell’abbandono. Insomma interroghiamoci per insegnare agli uomini a essere veramente tali.
Facciamolo per affinare un quadro normativo – e una dotazione economica destinata alla prevenzione – che negli ultimi anni ha fatto passi da gigante ma, come tutte le leggi relativamente giovani, ha bisogno ancora di essere sperimentata sul campo ed eventualmente corretta.
Il codice rosa che finalmente ha preso il posto delle pacche sulle spalle alle donne con gli occhi lividi in fila nei pronto soccorsi, come avveniva fino a pochi anni fa, le pene severe al posto del delitto d’onore. E tutto quel pacchetto di misure preventive, compreso il divieto di avvicinamento che fa parte del ‘Nuovo codice rosso’ e cerca di intervenire dopo i reati-sentinella come lo stalking, i maltrattamenti in famiglia o le lesioni. Certo, alcune indicazioni, potrebbero essere ripensate. Un esempio? La distanza minima prevista dalla legge è di 500 metri e contempla l’applicazione del braccialetto elettronico nei casi più gravi che conducono in carcere. L’obiettivo della norma è chiaro: evitare che un uomo che ha già commesso violenza possa nuovamente avvicinarsi alla sua vittima. Spesso il femminicidio avviene dopo numerose avvisaglie non sempre comprese. Ma 500 metri per chi intende uccidere sono solo l’ultimo miglio verso un terrificante obiettivo. Una distanza che non separa intenti e realizzazioni. Quasi sempre si uccide, si confessa o si tenta di togliersi la vita. Come è accaduto a Rufina. E poi i vicini raccontano di una bella famiglia, di ‘bravi ragazzi’ che improvvisamente diventano assassini. È anche così che si inizia a giustificare il male.