TERESA SCARCELLA
TERESA SCARCELLA
Cronaca

Quelle vite da senzatetto. Giacigli e degrado nelle piazze: "Ma per alcuni è una scelta"

La notte dormono all’aperto, di giorno vagano senza meta e senza lavoro "In struttura non voglio andare, la convivenza spesso è difficile".

La notte dormono all’aperto, di giorno vagano senza meta e senza lavoro "In struttura non voglio andare, la convivenza spesso è difficile".

La notte dormono all’aperto, di giorno vagano senza meta e senza lavoro "In struttura non voglio andare, la convivenza spesso è difficile".

di Teresa ScarcellaFIRENZEPiazza della SS. Annunziata, Santa Maria Novella, stazione. Scatoloni per terra, zaini e scarpe accanto al giaciglio improvvisato su una scalinata o sotto un loggiato. Dalle 9 di sera alla mattina presto (talvolta anche oltre) in alcune piazze della città si trovano cumuli di piumoni e coperte che nascondono - si fa per dire - persone senza dimora, senza un lavoro, spesso senza documenti. Li chiamano "invisibili" eppure i loro corpi si vedono eccome. Talmente vistosi da catturare gli sguardi furtivi dei passanti, turisti e residenti. Una buona parte sono stranieri, ma c’è un’alta percentuale anche di italiani. Un problema sociale che finisce per essere catalogato come degrado. Perché, nell’immaginario collettivo, rovinano l’estetica della città cartolina. Una fotografia inanimata che non rispecchia la realtà.

Spostarli dai loro letti non è facile. La polizia municipale (antidegrado appunto) lo fa tutte le mattine: li fa alzare, li identifica, ma loro ritornano o semplicemente si spostano. A volte sono collaborativi, ma capita che abbiano reazioni spropositate e aggressive. "Tra di noi c’è chi ha problemi con la droga, con la famiglia, con il lavoro" racconta uno di loro, 41 anni, che la notte dorme sotto al loggiato di piazza della SS. Annunziata, dove ogni sera si radunano una decina di senzatetto. Alle 8 di ieri mattina spazzava il suo giaciglio da lattine, bottiglie e cartacce, con una cura che farebbe vergognare anche il cittadino più educato. "Sono qui da un mese, vengo dalla Germania. Lavoravo come musicista e operaio nelle produzioni di auto. Ora non ho un impiego".

Tra le strutture, gestite dal Comune e associazioni del Terzo settore, la più grande e storica è l’Albergo Popolare, che compie 120 anni e ha 230 posti. L’utenza è prettamente maschile, ma da quest’anno ha anche alcuni posti per le donne, in uno spazio riservato. Da qui passano circa 1200 persone l’anno. Tra dicembre e marzo c’è anche l’accoglienza invernale: 140 posti che diventano 160 con le temperature più rigide; in aggiunta all’accoglienza ordinaria, attiva tutto l’anno. Altre strutture sono l’Ostello del Carmine che passa da 40 a 60 posti nei mesi più freddi; la Foresteria Pertini con 87 posti e la struttura Accoglienza Donne di via dei Vanni con 13 posti. Da inizio servizio al 1 febbraio sono state registrate 250 persone nelle strutture di accoglienza invernale. Poi ci sono quelle gestite da realtà private convenzionate.

Le stutture ci sono. E secondo i calcoli della Caritas i bisognosi sono aumentati rispetto all’anno scorso. Ma per molti la strada è una scelta di vita o un modo per evitare convivenze sgradite. Come per Peter, originario della Lettonia, 45 anni, da 13 dorme all’aperto. "La piazza (Santa Maria Novella ndr) è grande - sorride - nelle strutture ci sono ospiti che rubano, puoi ritrovarti in mezzo a litigi per qualsiasi motivo". Dinamiche complicate confermate anche dai fatti di cronaca. Proprio ieri, all’Albergo Popolare, sono intervenuti polizia e ambulanza. Uno degli ospiti avrebbe dato in escandescenza nel fine settimana. Avrebbero provato a fargli un accertamento sanitario obbligatorio, ma il tutto si è concluso con l’allontanamento spontaneo dalla struttura.

Tornando a Peter, conosce 5 lingue, ma non ha un lavoro: "Ormai ci pensa internet - commenta amaramente - In Lettonia ho fatto il boscaiolo, il muratore, poi sono andato via e non ho intenzione di tornare". Passa le giornate leggendo i giornali, su una panchina, o in giro con lo stretto necessario sulle spalle. Per il cibo ci si arrangia o si bussa alle porte delle varie mense o dei punti alimentari. Sono un centinaio quelli che ogni settimana si rivolgono agli Angeli della città, per chiedere indumenti o cibo in scatola. Alle mense della Caritas, invece, vengono erogati 550 pasti al giorno. In 60 chiedono di poter fare almeno una doccia.

Ci pensano poi le Unità di strada a dargli un po’ di conforto che, spiega l’assessore al Welfare Nicola Paulesu "coinvolge molte realtà, parte dal presidio del territorio e dal supporto a chi è in strada e lavora per dare una possibilità di scelta a chi pensa di non averne più, con un percorso verso l’autonomia. Firenze tradizionalmente investe molto nel sistema dei servizi di contrasto alla marginalità, attraverso una rete articolata che consente di fornire risposte diverse in funzione dei bisogni".