Firenze, 23 dicembre 2024 – Quaranta anni fa, oggi, il rapido 904 ripartì dalla stazione di Santa Maria Novella con due borsoni carichi di esplosivo. Alle 19.08, qualcuno schiacciò il telecomando. Nella galleria tra Vernio e San Benedetto Val di Sambro, nel cuore dell’Appennino toscoemiliano, la carrozza numero nove esplose. Morirono 16 persone ed altre 267 rimasero ferite: ma sulla strage di Natale, non è tuttto è stato ancora scritto. E la procura di Firenze continua a scavare.
Mandanti ed esecutori. Quarant’anni dopo, il pm Antonino Nastasi scava ancora tra le macerie di quell’attentato che la Cassazione, nel confermare le condanne di Pippò Calo e del tedesco Friedrich Schaudinn, definì di matrice "terroristica mafiosa".
Le indagini sono state riaperte un paio d’anni fa e recentemente sono stati acquisiti "atti dei Servizi declassificati presso l’archivio storico di Roma e anche atti presso varie autorità giudiziarie".
Accertamenti che mirano a individuare altri presunti mandanti ed esecutori dell’attentato. Entro la primavera prossima la procura, guidata da Filippo Spiezia, attende "una corposa informativa dei Ros", a cui sono stati delegati gli ultimi accertamenti. La nuova inchiesta si concentra sull’eventuale esistenza di un’area che legherebbe Calò all’estrema destra e ad esponenti dei servizi segreti. Obiettivo inoltre è quello di accertare chi abbia fornito l’esplosivo utilizzato, del tipo semtex, miscela che tornerà anche in altre stragi, negli anni successivi.
I processi. In precedenza, nell’aprile 2011 si aprì un nuovo capitolo rimasto sospeso, con l’arrivo da Napoli di un’ordinanza di custodia cautelare per Totò Riina: il capo di Cosa Nostra era considerato il mandante della strage. In primo grado a Firenze nel 2015 Riina fu assolto per mancanza di prove e nel 2017, due mesi prima della sua morte a Parma dove stava scontando 26 ergastoli, arrivò lo stop all’appello e il rinvio a data da destinarsi del processo, poi estinto in conseguenza del decesso. "La mafia, in quella strage, compì anche un’azione di valenza terroristica, tanto che proprio in questa indagine fu coniata per la prima volta la locuzione ‘terrorismo mafioso’", disse l’ex procuratore nazionale antimafia Pierluigi Vigna, che condusse l’inchiesta sull’attentato e fu pm al processo di primo grado. Per il pm Angela Pietroiusti, che impugnò l’assoluzione di Riina, la bomba sul treno rappresenterebbe l’inizio degli attentati di cosa nostra in terra ferma.
Il rapido 904 era partito da Napoli carico di persone in viaggio per le feste di fine anno e aveva fatto sosta a Roma, per proseguire alla volta di Firenze, da dove era ripartito con 607 passeggeri. Secondo gli inquirenti fu alla stazione di Firenze che in due borse venne collocato sul vagone l’ordigno. Rivendicarono l’attentato ben 23 organizzazioni di estrema destra, estrema sinistra e gruppi stranieri. Gli inquirenti però non diedero eccessivo credito ad una matrice esclusivamente politica, ritenendo più attendibile una "feroce risposta" alle rivelazioni di Tommaso Buscetta che proprio in quei giorni avevano "messo in ginocchio la mafia".
Fu battuta anche una "pista napoletana", che portò tra l’altro all’arresto del presunto boss della camorra del rione Sanità Giuseppe Misso e del parlamentare missino Massimo Abbatangelo, dapprima condannati all’ergastolo e poi assolti dall’accusa di strage.