DAVID ALLEGRANTI
Cronaca

Come si vive (e si muore) nel carcere di Sollicciano. Topi, cimici, muffa. Il grido inascoltato del detenuto di 20 anni, poi il suicidio

Esclusivo QN, La Nazione, Il Giorno, Il Resto del Carlino: il documento con cui il giovane recluso aveva denunciato alle autorità e alla magistratura le condizioni "detentive inumane e degradanti" del penitenziario alle porte di Firenze

Firenze, 5 luglio 2024 – Aveva 20 anni il giovane detenuto che si è tolto la vita nel carcere di Sollicciano, ieri. Classe 2004. Era arrivato in Italia con un permesso di soggiorno da minorenne non accompagnato. Era entrato in carcere nel 2022. L’associazione “L’altro diritto” lo aveva aiutato a presentare un reclamo giurisdizionale ex articolo 35 bis per lamentare le gravi condizioni del carcere di Sollicciano. Uno di quei reclami che dovrebbero essere gestiti con rapidità, perché servono a denunciare una condizione di vita intollerabile. “Quello che rende tutto più grave – ci dice il filosofo del diritto Emilio Santoro - è che il ragazzo che si è suicidato a Sollicciano era uno di quelli che abbiamo aiutato a fare il reclamo per condizioni detentive inumane e degradanti a febbraio e sul reclamo c’è stata udienza solo il 22 maggio ma senza esserci una decisione, a quanto sappiamo”.

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Ma in che condizioni viveva il giovane detenuto nel carcere fiorentino? Nel reclamo ex 35 bis presentato dal ristretto a febbraio di quest’anno c’era scritto tutto. Dalla muffa ai topi alle cimici. Sollicciano non si fa mancare niente.

Cittadini fuori dal carcere di Sollicciano durante la rivolta dei detenuti (Foto New Press Photo)
Cittadini fuori dal carcere di Sollicciano durante la rivolta dei detenuti (Foto New Press Photo)

La muffa

“Le pareti della cella, in particolare in quella vicino al letto, presentano macchie visibili di umidità e di muffa. Tali formazioni funginee sono causate dalle frequenti infiltrazioni d’acqua che, in caso di precipitazioni atmosferiche, aumentano considerevolmente. I detenuti in generale e il reclamante in particolare sono costretti a pulire essi stessi la muffa con la candeggina, ma il problema si presenta in maniera talmente endemica che da soli non riescono a risolverlo in maniera strutturale. Peraltro, l’Amministrazione Penitenziaria fornisce ai detenuti, in maniera del tutto insufficiente, i prodotti per la detersione dell’ambiente solo una volta al mese, costringendoli ad acquistare personalmente i prodotti per risolvere il problema della presenza di infiltrazioni e di muffa. Del resto, la IX sezione è ancora chiusa, almeno per metà, da un mese e mezzo per queste stesse problematiche ed è noto come la muffa si propaghi nelle zone limitrofe con estrema facilità”. La presenza di infiltrazioni di acqua e di muffa è “resa ancor più grave se si considera che l’impianto di riscaldamento spesso non è funzionante, anche a causa del costante sovraffollamento nel quale il carcere di Sollicciano versa. Anche quando l’impianto termo-idraulico è funzionante la cella è fredda. Il reclamante è, perciò costretto a vivere in un ambiente insalubre freddo ed umido, con gravi conseguenze sulla sua salute”.

I detenuti danno fuoco alle lenzuola dentro le celle (Foto New Press Photo)
I detenuti danno fuoco alle lenzuola dentro le celle (Foto New Press Photo)

L’acqua calda non c’è

L’acqua calda non è mai presente in cella, scriveva il giovane detenuto: “Di conseguenza, il reclamante è costretto a lavarsi giornalmente con acqua gelata e a lavare i piatti – peraltro nel medesimo lavandino adibito all’igiene personale – nelle medesime condizioni. Egli, in ragione della costante umidità e della mancanza di aereazione in cella è costretto a tenere la finestrina del bagno costantemente aperta col risultato che sia l’igiene personale che delle stoviglie deve essere effettuata con l’acqua gelida e con la finestrina aperta, anche l’inverno, per evitare che la muffa e l’umidità si propaghino ancora di più di quanto non sia già in atto”.

I topi

“Nella sezione e nella cella del ricorrente ci sono i topi: di recente, il reclamante è riuscito a catturarne uno, che ha poi mostrato agli agenti e al personale medico. In data 6.11.2023 egli, tramite accesso diretto al colloquio psicologico-clinico, si è presentato con una bottiglia all’interno della quale si trovava un ratto catturato nella cella. La situazione da novembre ad ora non è affatto migliorata poiché continua a rilevare la presenza di topi anche nei corridoi e in cucina – dove egli lavora”.

L'intervento dei vigili del fuoco per spegnere le fiamme (Foto New Press Photo)
L'intervento dei vigili del fuoco per spegnere le fiamme (Foto New Press Photo)

Le cimici

“Oltre ai topi il reclamante lamenta la presenza di cimici che in passato lo hanno morso procurandogli delle lesioni. Quest’ultime si annidano, in generale in tutto il carcere, nei materassi, nei tessuti, dentro le crepe delle pareti e negli anfratti degli arredi e provocano lesioni cutanee da morso, chiazze rosse sulla pelle, prurito e gonfiore. È capitato che vedesse le cimici camminare sul soffitto, anche al reparto giudiziario, e che si dovesse svegliare anche in piena notte per girare il materasso – peraltro di spugna e fine – e igienizzare tutto. Questo, con tutta ovvietà, ha disturbato il sonno del reclamante essendo per lui impossibile riposarsi nelle ore notturne con grave detrimento della sua salute psico-fisica. La situazione è ancor più grave considerato che le lenzuola non vengono cambiate e lavate con la frequenza necessaria a garantire un livello dignitoso di pulizia e igiene. Esse vengono fornite 1 volta al mese e, quindi, si trova costretto a chiedere alla famiglia di mandare lenzuola pulite e igienizzate”.

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I piccioni

“La cucina, dove il reclamante lavora, presenta gravi carenze igieniche e strutturali: è infestata dai piccioni e dai topi. Questi ultimi si nascondono sotto i mobili e gli stipetti della cucina e i lavoranti trovano spesso tracce di cibo rosicchiato dagli stessi; inoltre, sotto il profilo strutturale, casca l’intonaco dal soffitto pieno di muffa con costante pericolo di contaminazione del cibo”.

Lo schieramento della polizia fuori dal carcere durante la rivolta (Foto New Press Photo)
Lo schieramento della polizia fuori dal carcere durante la rivolta (Foto New Press Photo)

Nessuna risposta dopo i reclami

Il reclamo contiene anche altri dettagli, ma quello che avete appena letto dovrebbe essere sufficiente. Il giovane detenuto aveva provato a chiedere alla magistratura di sorveglianza di ordinare all’amministrazione penitenziaria il ripristino delle minime condizioni accettabili di vita all’interno del carcere. D’altronde, la situazione che il giovane ristretto descriveva era incompatibile con il rispetto della dignità e dei diritti delle persone detenute, e dunque con l’articolo 3 della CEDU. In Italia, dice Santoro, “se c’è il rischio che una persona indiziata commetta un reato il magistrato si deve muovere entro 48 ore, se un detenuto dice sono in condizioni inumane si può prendere 4 mesi”. Inoltre, ci sono ordinanze che risalgono a Natale in cui la magistratura di sorveglianza “ha dichiarato che l’intero carcere è un luogo in cui l’esecuzione della pena è inumana degradante e per 7 mesi l’amministrazione penitenziaria non ha fatto niente. Credo che la rivolta dei detenuti dopo il suicidio sia l’indice che a forza di tirare la corda si è spezzata. La morte del ragazzo e quello che sta succedendo è chiaramente colpa della amministrazione penitenziaria. I detenuti sono da mesi in una situazione inumana e degradante, dichiarata da ordinanze della magistratura e il Dap non ha fatto niente. Hanno provato a percorre le vie legali dei reclami e dopo oltre 4 mesi non hanno avuto risposte; vedono uno di loro, un ragazzo fragile, crollare e suicidarsi. Vorrei che la gente provasse a mettersi nei loro panni prima di giudicare la reazione. Se vengono chiamati i pompieri per un pericolo e i pompieri non vengono, e poi vedo il mio vicino morire, avrò diritto di arrabbiarmi?”.