Firenze, 8 marzo 2024 – Ai primi di novembre del 2010 Matteo Renzi, fresco sindaco di Firenze, con l’allora amico Pippo Civati (presto scomparso dai radar) prese, ’cossighianamente’ parlando, a picconate i vertici del Partito democratico diventando per tutta Italia il Rottamatore. Erano gli anni in cui il motore renziano girava a mille.
Ora che è passata sostanzialmente un’era geologica – nel frattempo Renzi, che al tempo aveva 35 anni e oggi quasi 50, di quel partito è diventato segretario una volta nel 2013 (giusto un paio di mesi prima di ricevere da Napolitano l’incarico di formare un nuovo governo) e l’altra nel 2017 prima di saltarne fuori e dar vita alla sua nuova creatura, Italia Viva – e che per il Rottamatore la Belle Époque sembra ormai essere solo un ricordo lui, che non è tipo da "rifiutarsi di tirare un calcio di rigore" come disse in occasione della corsa alle primarie del 2009, si ributta nella mischia.
E quindi da oggi a domenica, in una tre giorni fitta di dibattiti e interventi, Matteo Renzi proverà ancora una volta a sparigliare le carte "giocando" – dicono i suoi fedelissimi – "su due tavoli contemporaneamte". "Si concentrerà sull’Europa per poi parlare di via del Campuccio" rivela uno dei big del partito in città ma soprattutto "lancerà il guanto di sfida al Partito democratico" che il leader di Italia Viva vuole a tutti i costi costringere al ballottaggio dopo che l’accordo per andare insieme alle comunali di giugno è definitivamente saltato attaccando la giunta uscente sui temi della sicurezza e del ’multificio’.
“Avanti con Stefania Saccardi" come candidata sindaco dunque, con l’obiettivo di arrivare al secondo turno elettorale e fare l’ago della bilancia dei destini della città. Per questo Italia Viva cercherà di rosicchiare consensi sia a sinistra, tra gli scontenti del Pd, sia al centro.
Per la verità nelle ultime ore Renzi si era spinto anche oltre il perimetro consueto cercando sponde nella destra moderata (Forza Italia) e in generale in quella non meloniana, ovvero nella Lega. Come? Agendo sottotraccia – e approfittando dei tanti maldipancia della base (e non solo) per la telenovela Eike Schmidt che non si sa ancora quando scioglierà la riserva, né se deciderà o meno di candidarsi – Renzi ha avuto contatti con esponenti della società civile. Prima con Luigi Salvadori (ma risalenti nel Tempo), ex presidente della Fondazione Cr Firenze, quindi con il numero uno della Camera di Commercio Leonardo Bassilichi.
Ma l’intesa last minute non c’è stata e con lei è tramontata anche la suggestione dell’ultim’ora, aggregare forze moderate in una sorta di campo largo di centro in salsa fiorentina, antipasto di quella che potrebbe essere una futura sfida ai populisti su scala nazionale. Esperimento (forse) solo rimandato.
Tra i dubbi dell’ultim’ora di Renzi ce ne sarebbe stato un altro, quello legato cioè ai destini della fedelissima Stefania Saccardi alla quale una parte del Pd avrebbe potuto (e di fatto potrebbe) far la guerra in Regione costringendola a farsi da parte dal ruolo di vicepresidente.
Uno scrupolo , tuttavia, forse eccessivo. Anche perché, assicurano ancora uomini vicino all’ex premier, il Partito democratico non si prenderebbe mai il lusso di rischiare di andare alle Regionali del 2025 – ben più insidiose per i dem di quanto non possano alla fine esserlo le comunali fiorentine – senza il sostegno di Italia Viva che, anche con un 6-7%, riuscirebbe a far da buona stampella al partitone rosso e forse a consentirgli di mantenere la Toscana. Senza Renzi reggere l’urto delle destre il prossimo anno per il Pd sarebbe infatti piuttosto complicato.