Firenze, 5 giugno 2024 – Entrare nei “nuovi“ locali delle Giubbe Rosse di piazza della Repubblica è come fare un viaggio a ritroso nella memoria e nel tempo, un tributo al movimento Futurista che, all’inizio del secolo scorso, aveva eletto quel caffè come sua sede fissa. L’inaugurazione ufficiale avverrà il 15 giugno alla presenza del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ma ieri, i fiorentini – incuriositi e desiderosi di riappropriarsi di quel pezzo di storia – hanno potuto avere un assaggio di come si è trasformato il prestigioso locale, uno dei quattro più antichi della città.
Rigorosissimi i vincoli imposti dalla Soprintendenza per la riapertura del caffè letterario fondato nel 1897, che prese il nome dalla divisa dei camerieri: dagli arredi agli utensili, dagli specchi all’altezza dei tavoli. E persino piatti e bicchieri. Insomma, tutto quello che serve per ricreare l’atmosfera degli inizi, quando il locale era il circolo scacchistico dove si ritrovavano Vladimir I. Lenin, poeti, artisti e intellettuali quali Gordon Craig, André Gide, Medardo Rosso.
Ma l’epoca più celebre fu quella, come detto, del Futurismo e alla nascita delle storiche di “Lacerba” nel 1913, “La Voce” e “Il Leonardo”. Le ‘Giubbe Rosse’ divennero il più illuminato cenacolo letterario e artistico di Firenze e non solo, con episodi rimasti storici. Fu qui che il 30 giugno del 1911 si scatenò la rissa tra i futuristi milanesi con Marinetti, Carrà, Boccioni e Russolo, che arrivarono a Firenze per scazzottarsi con gli artisti fiorentini raccolti intorno alla rivista “La Voce”, sulla quale Ardengo Soffici aveva pubblicato un articolo che attaccava i rivali futuristi del Nord.
La gloria del locale proseguì fino alla Seconda Guerra Mondiale: qui continuavano ad incontrarsi i rappresentanti dell’Ermetismo, attorno a Eugenio Montale, e i giovani pittori fiorentini, intorno a Ottone Rosai e Primo Conti. Le ’Giubbe Rosse’, nel 2019, sono state dichiarate “bene da tutelare“ da parte del ministero, e il lavoro eseguito dall’architetto Domenico Gallucci non ha certo deluso le aspettative. ma ci sono voluti ben 5 anni affinché il caffè di piazza della Repubblica tornasse ad aprire i battenti: nel 2019, infatti, fu acquistato dopo il fallimento, e tre aste andate a vuoto, dal marchio fiorentino del gruppo Scudieri, a cui passarono anche i 26 dipendenti rimasti senza lavoro. Nel mezzo anche un’inchiesta per autoriciclaggio che ha coinvolto uno dei soci della Scudieri, il magnate del Kazakistan Igor Bidilo (rinviato a giudizio lo scorso 9 aprile).
Ma adesso sembra arrivata l’ora della rinascita. A gestire quel luogo che trasuda cultura è la FaroAlto, società che opera nel settore del Food&Beverage e che ha investito per l’acquisto e il restauro (ora mancano solo le vetrate), come ha spiegato l’ad del gruppo Denis Milovidov, oltre 2 milioni di euro. Che si è detto "molto contento di questo progetto che speriamo di portare a termine il prima possibile" ed ha annunciato l’intenzione di organizzare un programma di eventi culturali di varia natura per recuperare lo storico ruolo di caffè culturale. Rispondendo ai giornalisti sulla controversia legale che vede coinvolta la Scudieri international - di cui è proprietario il gruppo Faro Alto Investment - per la gestione della caffetteria di Boboli, Milovidov si è detto "fiducioso" ed ha previsto la chiusura della vicenda in 9-12 mesi.
Infine, per il direttore di Confcommercio Toscana, Franco Marinoni, "dopo 5 anni di oblio questa riapertura sarà uno stimolo ed una sollecitazione a fare meglio per tutti gli operatori. Si tratta di un imprenditore che, dopo Scudieri e la gestione della ristorazione di Palazzo Pitti, ha dimostrato di saper valorizzare le attività sulle quali investe".