
di Stefano Brogioni
FIRENZE
Carcasse di veicoli e ferri vecchi che arrivavano sui camion, anche a “nero“. Nello stabilimento di Molin del Piano della “Moggi Smaltimenti“ avrebbero trattato illecitamente i rifiuti, speciali e anche pericolosi.
Un business che avrebbe portato nelle tasche dei proprietari cospicui guadagni. Ne è convinta la Direzione Distrettuale Antimafia che, con l’ausilio del personale della Sezione di Polizia Giudiziaria di carabinieri, polizia provinciale e guardia di finanza, il 13 luglio scorso ha eseguito un’ordinanza del giudice Giampaolo Boninsegna.
Per Massimo e Lucia Moggi, 66 e 63 anni, e per il marito di quest’ultima, Stefano Trambusti, 65 anni, ritenuto amministratore di fatto, tutti residenti a Pontassieve, il gip ha disposto l’ interdizione per un anno all’esercizio della professione e impresa di settore, nonché il sequestro preventivo dell’impianto di via Serravalle. Il giudice ha inoltre disposto il sequestro di circa sei milioni di euro, ritenuti il 50% del valore dell’attività esplicata nel corso dell’anno 2020.
E’ l’anno in cui la “Moggi Smaltimenti“ è stata oggetto di un accertamento da parte dell’Arpat. Da lì, i carabinieri forestali hanno dato il via a una serie di approfondimenti culminati nelle misure eseguite l’altro giorno.
Le indagini si sono concentrate sulle modalità di conferimento all’impianto di Molin del Piano: gran parte dei materiali transitatati presso la ditta di smaltimenti non sarebbe stata accompagnata da documentazione. Quindi i rifiuti non sarebbero neanche risultati formalmente presi in carico. Secondo gli inquirenti, poi, la "sistematica" attività di gestione dei rifiuti "in aree non consentite ed in assenza di qualsivoglia attività di selezione sui rifiuti stessi" avrebbe consentito alla società di "ottimizzare i tempi e i costi di smaltimento, non garantendo in alcuna maniera la corretta filiera di trattamento del rifiuto". Questo tipo di gestione, sempre secondo gli investigatori, avrebbe fatto movimentare una "ingente quantità" - riscontrata nel controllo sui flussi - e portato in tasca all’azienda "un ingente e illecito profitto".
Secondo le informative dei carabinieri, il 60% dell’attività della “Moggi“ è riferibile alla "filiera di trattamento dei metalli ferrosi e non ferrosi". Ma anche il trattamento di altri tipi di materie, come i rifiuti “Raee“ (rifiuti di apparecchiature elettriche e elettroniche) e la demolizione dei veicoli sarebbero trattate "con analoghe modalità illecite".
Gli inquirenti, coordinati dal pm Francesco Sottosanti, ritengono infine che anche i rifiuti introdotti regolarmente nell’impianto, diventerebbero “fuorilegge“ perché assemblati con gli “illeciti“. Il prodotto finale diventa un “End of Waste“, dunque materia prima non più rifiuto e quindi ricommercializzabile. I clienti? Le acciaierie.