FIRENZEQuestione di incompatibilità. Ma non si tratta di alte cariche politiche o ruoli delicati che vanno a sovrapporsi. L’inghippo (con paradosso) riguarda istruttori, dirigenti o collaboratori sportivi che sono andati in pensione con quota 100. A loro – una vasta platea in tutta Italia, si stima almeno un centinaio a Firenze – l’INPS ha alzato la paletta e imposto l’altolà. Per poche centinaia di euro al mese, frutto della stipula del contratto di lavoro sportivo, devono rinunciare alla pensione. Con perdita: in alcuni casi l’INPS, nell’inviare le contestazioni, ha chiesto il rimborso delle somme già erogate.
Una beffa capace di generare il caos e mettere a dura prova tante società. "Questa norma è entrata a vigore nel luglio del 2023 – spiega Marco Ceccantini, presidente Uisp Firenze –. Prima di allora i compensi inferiori a 10mila euro non erano considerati reddito. Siamo passati da una situazione agevolativa a una situazione che in alcuni casi è anche penalizzante. Tanti dirigenti accompagnatori o istruttori che sono andati in pensione con quota 100 si trovano ora in difficoltà: percependo cifre molto basse, spesso un mero riconoscimento al lavoro e alla competenza, si sono visti richiedere la restituzione anche di un anno intero di pensione, a fronte di pochi mesi di retribuzione sportiva". La questione è tuttora irrisolta. Al momento l’unica soluzione per non vedersi recapitare la lettera dell’INPS è una: stracciare il contratto di lavoro sportivo e fare tutto a titolo gratuito. "In questo modo però si rischia di incentivare il fenomeno del lavoro nero – osserva il presidente Uisp di Firenze –. Serve al più presto un intervento per fare chiarezza".
La nuova riforma dello sport che pure ha permesso di sanare e regolarizzare tanti rapporti, ha trasformato anche le piccole società amatoriali in una sorta di imprese costrette ad assoldare commercialisti o consulenti del lavoro per sbrigare tutto il fardello della burocrazia fiscale. Risultato: anche chi insegna per quattro ore al mese è considerato un lavoratore dipendente e deve essere registrato su un portale apposito collegato all’ufficio dell’agenzia delle entrate. Con un aggravio di tempo. "Il lavoro sportivo è assimilato a lavoro dipendente e come tale viene ritenuto incompatibile con quota 100 – chiarisce Francesco Sisani, commercialista e consulente del comitato toscano della Figc –. Una soluzione potrebbe essere, in via interpretativa, chiarire che l’attività per i co.co.co sportivi è possibile se al di sotto dei 5mila euro, come già avviene per le collaborazioni occasionali". Ma prima serve un pronunciamento dell’INPS che ancora non c’è stato. "Auspichiamo una disposizione di legge che tagli la testa al toro – continua l’esperto – per evitare che diversi istruttori e dirigenti sportivi si vedano revocare il trattamento pensionistico". Lo scorso novembre il Coni ha sollecitato le società sportive a fare una ricognizione del fenomeno: "Molti enti hanno chiesto alle società di comunicare il numero di contratti sportivi stipulati a pensionati quota 100 – riprende Sisani –. Ma un numero preciso ancora non c’è. Il paradosso è che questi soggetti, a fronte di poche centinaia di euro percepite, rischiano di compromettere la loro pensione per tutti quegli anni che li separano dal raggiungimento dell’età in cui avrebbero usufruito della pensione secondo il trattamento ordinario". E intanto le società sono sempre più in affanno, appesantite dalla burocrazia e alle prese con il caos dei rimborsi.
Alessandro Pistolesi