Centosessantaquattro comuni per oltre 15mila chilometri quadrati (il 66,5% della superficie regionale) e quasi 880mila abitanti (il 24,1% del totale toscano). Sono questi alcuni dei numeri delle Aree interne toscane, presentati ieri a Firenze all’interno di un rapporto commissionato all’Istituto regionale programmazione economica della Toscana dalla Commissione istituzionale per il sostegno, la valorizzazione e la promozione delle Aree interne della Toscana, presieduta dal consigliere regionale Marco Niccolai. Secondo il rapporto di Irpet il valore aggiunto attribuibile alle aree interne è di circa 18 miliardi di euro, pari al 17% del totale regionale. Di questo il 28% è prodotto dalle macro-aree appenniniche, il 23% dalle 3 aree interne centro-meridionali mentre il restante 49% dalle aree intermedie.
Se analizziamo i settori di specializzazione, vediamo che l’industria alimentare è rappresentata in tutte le aree, quella del legno e della meccanica in larga parte dei territori. Accomunate da una sostanziale perifericità, le aree interne si distinguono per significative differenze, sia dal punto di vista demografico che economico. Quelle a nord sono più spiccatamente montane, però anche più vicine alle aree maggiormente urbanizzate. Le aree a sud sono prevalentemente più collinari e più lontane dai grandi centri abitati, scarsamente popolate e caratterizzate da un ruolo centrale dell’agricoltura, che interagisce moltissimo con lo sviluppo turistico. L’ultimo gruppo, quello delle aree intermedie, riguarda aree molto meno disagiate e molto popolate: il Valdarno aretino, a forte specializzazione manifatturiera; la costa e isole e l’area del Chianti, più a economia agrituristica.
Nel 2023, il 68 per cento delle imprese ha dichiarato che la principale criticità riguarda invece la difficoltà di reperire manodopera. Non manca un focus su istruzione e formazione: le aree interne sono spesso caratterizzate da scuole di piccole dimensioni (fenomeno delle pluriclassi e insegnanti precari con alta mobilità), con rischio di apprendimenti più bassi rispetto alla media regionale e minore probabilità di iscrizione all’Università. Lo spopolamento è uno dei temi principali dello studio: dal 1951 a oggi le aree interne toscane hanno perso 215mila abitanti (il 20% della popolazione di partenza) e il loro peso sul totale regionale è crollato dal 31 al 24%.
"Ci siamo posti dall’inizio della legislatura un obiettivo - ha spiegato il presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo -: costruire una Toscana diffusa, che non lasci indietro nessuno. L’obiettivo è ridurre il divario tra chi vive nei grandi centri urbani e chi vive nelle aree interne". "Non solo agricoltura e turismo - ha commentato il presidente della Commissione Marco Niccolai -: a rappresentare i settori trainanti delle aree interne ma anche manifattura. C’è necessità di un rapporto più stretto tra questi territori e la formazione, senza dimenticare l’importanza delle infrastrutture digitali. I numeri Irpet ci confermano che la nostra scelta di aver destinato il 30% dei fondi strutturali fino al 2027 alle Aree interne è stata lungimirante e può aiutare lo sviluppo di questi territori".