Da più di sessant’anni giacevano arrotolati nei depositi della soprintendenza, tra i materiali di provenienza ignota. Eppure erano decenni che gli studiosi cercavano gli affreschi di Angelo Michele Colonna (1604-1687), staccati da Palazzo Niccolini nel 1956, e smarriti a causa di cartellini staccati o confusi. Fino a quando, nel luglio scorso, con un colpo di fortuna eccoli ricomparire: 95 metri quadrati di putti e decorazioni floreali, riconoscibili grazie alla documentazione fotografica del palazzo prima della rimozione del ciclo pittorico.
Il prezioso ritrovamento è stato presentato ieri dalla soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio, proprio a Palazzo Niccolini di via dei Servi, attuale sede del Provveditorato alle Opere Pubbliche.
Gli affreschi, eseguiti nella seconda metà del XVII secolo dal noto pittore Angelo Michele Colonna, rappresentano quadrature, ovvero architetture dipinte che ricoprivano pareti e soffitti degli ambienti della Galleria realizzata nell’ambito dei lavori di ammodernamento commissionati da Filippo, primo marchese di Ponsacco e Camugliano, allora proprietario del palazzo.
Il Colonna, pittore celebrato dalle corti italiane e straniere, aveva qualche anno prima affrescato per i Medici alcune sale dell’appartamento estivo del Granduca a Palazzo Pitti, dove adesso ha sede il Museo del Tesoro dei Granduchi.
Nel 1956, quando fu intrapreso il restauro del Palazzo per destinarlo a sede del Provveditorato alle Opere Pubbliche, gli affreschi furono strappati e trasportati su tela. Purtroppo non furono mai riposizionati e ad oltre sessant’anni dalla loro rimozione non si trovavano più. Ci è riuscito con le sue ricerche l’architetto Clausi, funzionario della Soprintendenza, studiando l’archivio Niccolini, ritrovando i pagamenti ad Angiolo Michele Colonna e stimolando la ricerca all’interno dei depositi della Soprintendenza. È stata quindi avviata una ricognizione all’interno, in collaborazione con Vanessa Gavioli, responsabile dei depositi, e con l’architetto e funzionario Hosea Scelza.
Gli affreschi ritrovati sono in buono stato di conservazione, anche se necessitano di un restauro, già finanziato con un importo di circa novanta milioni di euro. Le pitture presentano diverse alterazioni della cromia originale, anche se alcune parti sono più leggibili di altre, secondo una discontinuità conservativa causata dal trauma dello strappo e dell’arrotolamento, nonché dalla giacenza nei depositi per tutto questo tempo.
"Nonostante l’apparente opacizzazione dei colori e lo strato di sedimentazioni diffuse sulle superfici - è stato spiegato –, il potenziale di recupero dell’originario splendore è piuttosto elevato. Considerata la natura degli affreschi, progettati e realizzati in stretta correlazione con la struttura architettonica, sono state svolte indagini preventive per verificare la possibilità di ricollocazione nella sede originaria. L’operazione, seppur complessa, risulta possibile e sarà oggetto di un apposito progetto in collaborazione tra Soprintendenza e Provveditorato, per restituire alla città un brano fondamentale per la storia dell’arte e dell’architettura del Seicento".
Olga Mugnaini