Romanzo, serie tv, film, e ora opera lirica. "Romanzo Criminale", il bestseller dell’ex giudice e scrittore Giancarlo De Cataldo, sfida la tradizione del melodramma, portando in scena eroi e antieroi del nostro tempo. Sarà lui il librettista dell’opera commissionata dal sovrintendente del Maggio, Carlo Fuortes, insieme al maestro e Premio Oscar Nicola Piovani che comporrà le musiche, e a Massimo Populizio che ne farà la regia. Debutto a ottobre 2026 al Maggio di Firenze, e poi a Roma all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone nel 2027.
De Cataldo, che c’entra Romanzo Criminale con l’opera lirica?
"Forse ci si dimentica che il melodramma è ispirato a tanti fatti veri. E poi a quanti assassinii, stupratori, prostitute, tradimenti, violenze di ogni genere abbiamo visto grazie a Verdi e ai grandi della lirica. Non è che sulla scena ci sono stati tutti re e principi, ma anche tanti poveracci, tagliagole, deformi come Rigoletto...Quindi è una sfida, come del resto lo era il mio libro Romanzo Criminale".
Da cosa nasce questa sfida?
"Da Carlo Fuortes. Devo a lui l’approccio alla riscoperta dell’opera lirica. Tra l’altro vengo da una famiglia pugliese dove mio padre e i miei zii amavano l’opera, che all’epoca era una specie di rock o rap di oggi. L’opera era allora un fenomeno di massa. Poi c’è stato un periodo di grande distacco, dimenticando soprattutto quel rapporto continuo col popolo".
E’ questo che volete recuperare?
"Sì, Fuortes dà un’impronta fortissima al teatro, lo faceva a Roma e ora a Firenze, creando un rapporto molto intenso con la comunità. Sono venuto più volte al Maggio nell’ultimo anno e ho visto tanta gente entusiasta e competente. E fortunatamente non soltanto della mia età".
Di solito l’opera ha libretti un po’ inverosimili. Come si concilia ciò con la trama di Romanzo Criminale terribilmente realistica?
"E’ vero, ma non faremo un documentario realistico sulla malavita degli anni Settanta. Sarà pur sempre un’opera, quindi sempre metafora, in un certo modo anche metafisica nel senso di distillato delle situazioni filtrate attraverso i sentimenti dei protagonisti: amore, orgoglio, crudeltà, cattiveria, tradimento, lealtà. Che sono poi i pilastri del melodramma. E’ una scommessa rischiosa e quindi mi ha maledettamente affascinato: mescolare linguaggio classico e persino aulico come l’opera, con la strada. Il racconto della strada nel melodramma è la via maestra del verismo italiano".
Come si scrive un libretto d’opera da un romanzo di oltre 600 pagine?
"Tagliando se stessi, facendo una spremuta e accantonando ogni forma di narcisismo. Il libretto è al servizio della musica di Piovani, che ti obbliga a una sintesi fulminante, nella quale però poi raccontare tutto. Basti pensare che in Carmen c’è dalla frontiera alla corrida, in Cavalleria Rusticana Compare Turiddu muore fuori scena, eppure tutti ci ricordiamo “Hanno ammazzato compare Turiddu!’. Arrigo Boito nell’Otello mette un monologo di Jago che Shakespeare non si è mai sognato di scrivere: “Credo in un Dio crudel”, che però funziona benissimo".
Insomma, lei è anche un esperto di lirica.
"Sono un dilettante che ha studiato e che si è innamorato profondamente di questo linguaggio e ci sta cautamente nuotando dentro".
La regia è di Massimo Popolizio che è stato attore nel film.
"Trovo molto divertente e singolare questo fatto, da attore nel film a regista dell’opera".
Passiamo ai cantanti, che ormai devono avere anche grande qualità attoriali.
"Li stiamo stressando tantissimo. L’opera ingessata di un tempo non si fa più".
Non temete che il pubblico faccia un immediato raffronto con libro e film?
"Lo do per scontato, ma spero di incontrare la sensibilità di chi sa distinguere un linguaggio dall’altro".
Nell’opera la “sospensione dell’incredulità“ sembra più forte che in altri spettacoli. Da cosa nasce?
"Da un patto tra l’autore e il suo pubblico che vive dell’accettazione di un codice comune. Bisogna ricostruire questo patto. E lo si fa se si offre un racconto fruibile anche alla diversa sensibilità del tempo. Allora io credo che le istituzioni come il Maggio abbiano il dovere di sensibilizzare il proprio pubblico".