Entrambi, insomma, sono termini che nascono dal gergo militare e in fondo, a me, fanno solo venire in mente la famosa frase di Mao sul colore dei gatti, cioè che non conta che siano neri, grigi o bianchi, ma che prendano i topi.
Ed eccoci al nocciolo della questione: che sia vedetta o ronda, che è la stessa cosa ma dipende da quale lato si guarda, il problema è la sicurezza in questa città. Non la percezione di essa, che è altro ed è soggettiva, ma la sicurezza vera e propria, quella fatta di freddi numeri che però non mentono mai. E sono proprio i numeri a mostrarci uno scenario ben diverso da chi ci fa credere di essere tutti Alice e di vivere nel paese della meraviglie. E’ un fatto, non un’opinione, che Firenze è sì al terzo posto su 107 province italiane nella classifica della Qualità della vita del Sole 24Ore. E siamo primi in assoluto nella categoria ‘cultura e tempo libero’. Benissimo, viva.
Ma non c’è rosa senza spina e dunque siamo alla posizione 86, dicesi ottantasei in lettere che fa più impressione, per quanto riguarda ’giustizia e sicurezza’. E dunque c’è qualcosa che non va, come è dimostrato dai sempre più frequenti casi di microcriminalità (ma davvero è solo micro? o tanti micro fanno un macro?), giovanile e non. E non parliamo di percezione, parliamo proprio di notizie che ci piovono addosso in redazione ogni giorno da qualunque quartiere: da Campo di Marte a Careggi, non si contano più gli episodi di ragazzini aggrediti, rapinati per pochi euro o un telefonino. Ragazzate, avremmo detto una volta, ma se si ripetono con inquietante e regolare costanza, beh, non è una ragazzata, è un problema strutturale di questa città. Potremmo dire che è un problema di questa società, forse, ma non siamo sociologi, facciamo un altro mestiere.
E il nostro mestiere è pertanto dire che – se serviranno ad aggredire, rapinare o picchiare un ragazzino in meno – ben vengano le vedette del volontariato. Che detta così, comunque, ci ricorda un po’ lo spazzino che si è fatto operatore ecologico, il bidello che ora è operatore scolastico o, a salire, il vigile urbano che si offende se non lo si chiama Polizia Municipale, con relativo soufflè di maiuscole.
Ogni parola ha conseguenze, ammoniva Sartre, ma ogni silenzio (cioè il non fare) anche.