ROSSELLA CONTE
Cronaca

Sant’Antonino perde un altro pezzo: "Il mio ristorante diventa cinese"

Aristide Bucchi è la memoria storica della strada e del quartiere: "Così è impossibile andare avanti". Ricordi e rimpianti di 60 anni di lavoro: "I problemi sono iniziati con la liberalizzazione delle licenze e la Ztl"

Una foto storica del locale di Bucchi

Firenze, 4 marzo 2022 - Aveva appena compiuto 19 anni quando arrivò in via Sant’Antonino. Era il 1961, Aristide Bucchi era poco più di un ragazzino e via Sant’Antonino, oggi una strada di passaggio che da San Lorenzo va alla stazione, era un "teatro di vita" con le sue botteghe, i suoi artigiani e tutto l’orgoglio dei suoi residenti. Oggi, che di anni ne ha 80, Aristide, che da dipendente divenne titolare della mitica Norcineria nata nel 1930, ancora non riesce a crederci. Proprio lui è stato costretto ad abbassare il bandone de La Padellaccia. l’ultimo ramo della sua attività nata con la Norcineria che ha già chiuso i battenti durante il primo lockdown. Oggi lì dove c’era nei tempi d’oro una delle più grandi esposizioni di prosciutti, dove sono passati personaggi come Dario Fo, Francesco Nuti, decantata anche da Masini, sta per aprire un ristorante cinese. "Non riesco più a dormire la notte, chiudere un’attività di quasi cento anni per me è una grossa sconfitta. Proprio l’anno scorso ho festeggiato i miei 60 anni di lavoro in via Sant’Antonino. Ho cominciato come dipendente per imparare il mestiere dove lo aveva imparato mio padre e poi sono diventato il titolare. Ho passato in via Sant’Antonino due terzi della mia vita".

Prima la Ztl e la liberalizzazione delle licenze poi l’emergenza sanitaria e la volatilizzazione dei turisti hanno dato la pugnalata definitiva. "Oggi via Sant’Antonino non è più la stessa – prosegue - e pensare la bellezza che era un tempo...".

Aristide descrive con minuzia di particolari quella che era la strada che gli ha dato tutto e tolto tutto: c’erano cinque bar, due bar biliardi, quattro friggitorie, tre macellerie, tre pizzicherie, la formaggeria, il laboratorio di pasta fresca, il forno, l’ingrosso di carta, la mesticheria, il noleggio film, due barbieri, l’ottica ma anche la cioccolateria e tante altre botteghe. "Oggi di tutto questo è rimasto molto poco" racconta Aristide che ci mette la faccia con la sua testimonianza sulla storia di una strada commerciale andata a morire.

La sua storia in via Sant’Antonino è cominciata con La Pira sindaco e Giuliano Sarti ed Enrico Albertosi con le maglie della Fiorentina. "Non dimenticherò mai i festeggiamenti dei mondiali del 1982. Eravamo tutti insieme, tutti in strada, abbiamo aperto le bottiglie di spumante". Poi con la fine degli anni Novanta, San Lorenzo ha iniziato a poco a poco a cambiare faccia e a perdere pezzi d’identità. "I veri problemi sono cominciati con la liberalizzazione delle licenze e con la Ztl che mai avremmo pensato potesse coinvolgere la zona della stazione e del mercato – si sfoga -. Poi c’è stata la chiusura dell’Hotel Majestic e sono state spostate le fermate dei bus". Con una conseguenza: i fiorentini hanno lasciato il centro e fatto spazio al degrado. "Già in quegli anni sono cominciate le prime proteste con la marcia dei cittadini indifesi, eravamo circa 2mila. Purtroppo la situazione è andata solo peggiorando e il Covid ci ha tolto le ultime energie e risorse mentre dal Governo sono arrivate solo briciole". Così Aristide ha deciso di vendere: "Io sarei rimasto a lavorare fino alla fine dei miei giorni ma bisogna fare i conti con la realtà".