
Quattro dirigenti indagati. Le contestazioni: "I valori nel Tomerello hanno oltrepassato i limiti" . I carabinieri negli uffici della Città Metropolitana per acquisire le autorizzazioni ambientali.
di Stefano Brogioni FIRENZE Un bypass che scaricava direttamente nel Tomerello, il fosso in cui, dopo la deflagrazione, sono stati riscontrati valori sopra i limiti di idrocarburi. Nuove accuse e ancora perquisizioni nei confronti dei responsabili del deposito Eni di via Erbosa a Calenzano.
La procura di Prato ha infatti formalizzato ulteriori contestazioni relative al procedimento per il presunto inquinamento ambientale che si sarebbe consumato parallelamente alle esplosioni e all’incendio in cui, lo scorso 9 dicembre, hanno perso la vita cinque persone, tre autisti di cisterne e due meccanici che stava operando alla riconversione di una linea di distribuzione di carburante.
Gli avvisi sono stati notificati a Patrizia Boschetti, in qualità di legale rappresentante e datore di lavoro nell’ambito della Gestione Operativa Depositi Centro Eni, con competenza anche sul deposito Eni di Calenzano; Luigi Cullurà, responsabile del deposito Eni di Calenzano e "responsabile del rispetto della legislazione a tutela dell’ambiente"; Emanuela Proietti, in qualità di responsabile Salute Sicurezza e Ambiente (“Health Safety Environment” - HSE), degli adempimenti ambientali, della verifica dei parametri analitici, della corretta gestione dei reflui, dei sistemi antincendio, della presenza di scarichi non convogliati, di contaminazioni da tensioattivi e di sistemi di autocontrollo non attivi; Marco Bini, in qualità di responsabile della rete fognaria, delle pavimentazioni e delle infrastrutture.
Secondo le indagini, condotte dalla procura guidata da Luca Tescaroli, i quattro indagati (che figurano anche nel procedimento principale) avrebbero "provveduto ad aprire o, comunque, consentito che venissero effettuati nuovi scarichi di acque reflue industriali" nel fosso che costeggia lo stabilimento. A mettere in comunicazione un bypass che mette in comunicazione la vasca di fine trattamento del ciclo e il rio, un bypass sulle cui autorizzazioni (di competenza della Città Metropolitana di Firenze) si concentra adesso l’indagine.
Gli indagati avrebbero permesso, spiega la procura pratese, lo scarico di acque reflue che avrebbero "determinato una concentrazione di idrocarburi totali nel fosso in questione maggiore del limite autorizzato allo scarico stesso (limite corrispondente a 1 mg/L per la normativa nazionale e 0,5 mg/L per la prescrizione)". Gli avvisi di garanzia sono stati decisi sulla base dei risultati di una consulenza tecnica e di ulteriori accertamenti espletati "relativi alla porzione investigativa correlata ai pericoli per la salvaguardia dell’ambiente e della salute della collettività derivanti dal disastro" conseguente all’esplosione.
Al fine di verificare la completezza delle risultanze acquisite sino a oggi e per appurare se sia stato prodotto un inquinamento ambientale nelle acque sotterranee e nelle arterie fluviali (fiumi e fossi) circostanti al deposito, la Procura ha disposto un decreto di ispezione, perquisizione personale, locale e informatica e sequestro presso Eni spa, compreso il deposito di Calenzano. E’ stata, inoltre, acquisita la documentazione inerente al procedimento autorizzativo che ha portato al rilascio dell’Aua (Autorizzazione Unica Ambientale) per il deposito di Calenzano, presso gli uffici della Città Metropolitana di Firenze. Acquisizione necessaria, conclude Tescaroli, "al fine di appurare, fra l’altro, se sia stata rilasciata con specifico riferimento allo scarico nel fosso Tomerello".