REDAZIONE FIRENZE

Scuola Gianni Rodari - Scandicci

Alla giovane vittima della ’Ndrangheta è stato intitolato l’Istituto comprensivo. Il perché di questa scelta

"Era il 2013 – ci racconta il dirigente amministrativo della scuola Irene Parlagreco – e il sindaco di allora Simone Gheri, prima di lasciare il suo mandato, volle che ogni scuola di Scandicci, che all’epoca erano contraddistinte da numeri, scegliessero un personaggio identificativo che le rappresentasse. Il dirigente scolastico del nostro Comprensivo Scandicci 1, Giovanni Condorelli – da sempre impegnato a portare avanti i valori di giustizia e legalità sia nella scuola che dirigeva, che nella vita – si confrontò con noi dipendenti per cercare quel nome. Mentre stavamo studiando un personaggio che ben ci identificasse, in modo quasi del tutto casuale, partecipando a un convegno, ci imbattemmo nella figura di don Andrea Bigalli e nel presidio di Libera e facemmo nostre le sue parole: far conoscere la figura di Rossella Casini, vittima di mafia, la cui storia era appena emersa da un passato nebuloso, che non doveva essere rivelato".

Ma chi era Rossella Casini? Era una ragazza fiorentina che viveva in Santa Croce insieme al padre, operaio in pensione, originario di Scandicci, e alla madre casalinga. Mai si sarebbe aspettata di dover affrontare la ‘Ndrangheta da sola, tra omertà e silenzio. Il suo errore, se di errore vogliamo parlare, fu quello di essersi innamorata della persona sbagliata. Rossella Casini alla fine degli anni ‘70 conobbe un ragazzo calabrese venuto a Firenze per studiare. Rossella non sapeva che Francesco Frisina facesse parte di una famiglia vicina alla ‘Ndrangheta, coinvolta in una sanguinosa faida. La ragazza pagò con la vita la sua volontà di giustizia. Nel 1981 Rossella telefonò al padre per dirgli che sarebbe rientrata a casa ma, purtroppo, non ce la fece. Da quel momento la famiglia non ebbe più nessuna notizia della ragazza per tredici lunghi anni, fino a quando un pentito raccontò che Rossella fu rapita, fatta a pezzi e gettata in mare con la complicità della famiglia Frisina. Venne istruito un processo lungo e complesso che si concluse solo nel 2006 con l’assoluzione di tutti gli imputati per “mancato raggiungimento della prova di colpevolezza”.

Per anni la sua storia è stata dimenticata, fino a quando, nel giugno 2013 negli archivi dell’Università di Firenze venne ritrovata una sua foto e da lì fu ricostruita la sua terribile storia da don Andrea Bigalli, il coordinatore regionale dell’associazione Libera, e da Francesca Chirico, giornalista calabrese che ha dedicato a Rossella Casini nel 2013 il libro Donne ribelli in terra di ‘Ndrangheta.