"Eppure tutti oggi citano Dostoevskij..." sogghigna sarcastico al telefono lo storico Franco Cardini.
Professore, mi sono già perso. Che c’entra Dostoevskij con le nuove panchine di piazza della Libertà?
"Si ama tanto dire oggi che ’la bellezza salverà il mondo’. Bene: allora ci sarà pure un amministratore, un curatore del bello in grado di ragionare ed evitare che vengano fatti questi interventi. A meno che...".
A meno che?
"A meno che non si voglia organizzare delle passeggiate domenicali al cimitero di Trespiano. Per carità, c’è un’estetica anche nelle tombe. Però magari non in centro. Speriamo che in piazza della Libertà non succeda quel che successe in un parco spagnolo".
Ci racconti.
"Un Comune posizionò sedute simili a quelle della piazza e di notte qualcuno, forse degli studenti di architettura vista la perfezione grafica del risultato, pensò bene di incidervi sopra delle iscrizioni mortuarie. Ma qui non succederà, non c’è più questa fantasia".
Secondo lei perché si scelgono questi arredi?
"Banalmente perché c’è un vuoto intellettuale e nessuno si azzarda a fare qualcosa di originale. A meno che non si ritenga moderno uno stile come questo, quello della linearità assoluta, che prese corpo già agli inizi del Novecento... Altrimenti si potrebbe riprendere coraggiosamente uno stile nostro, più classico. Penso alle panchine di piazza D’Azeglio. O di Boboli".
Firenze non sa più osare?
"Non lo fa da decenni, almeno dalla fine del secolo scorso".
Perché secondo lei?
"Perché ha vinto il pensiero unico. Che guardi non c’era neanche durante il fascismo".
Beh, in una dittatura...
"Almeno nell’estetica il fascismo non era un regime autoritario. Ci si confrontava fino ad azzuffarsi come successe per la stazione di Santa Maria Novella e addirittura per lo stadio di Nervi con la Torre di Maratona che all’epoca qualcuno paragonò a un minareto. Fino agli anni Settanta insomma c’erano dei fermenti, dibattiti accesi anche sulle opere d’arte che venivano donate alla città".
Poi?
"Poi Firenze si è culturalmente addormentata. Ma mi pare coerente per una città supermercato".
Addirittura?
"Cos’altro è una città con un centro storico che ha negozi di lusso con merci enormi in vetrina e nessun cliente dentro?".
Tornando alle panchine. Perché non ci sono più gli schienali. Un segno della città mordi e fuggi?
"Perché manca il senso civico. Guardi i bagni nelle stazioni...".
Che c’entrano i bagni?
"Di recente sono stato a Pescia. Una stazione importante per Collodi. Beh, non c’era nessuna toelette. La prima disponibile è nel bar di fronte ma viene richiesta la consumazione".
Manca l’attenzione per il prossimo?
"Certo. È una società dove si tolgono i pubblici servizi. Ha visto? Non ci sono più cabine telefoniche. E se un’anziana non ha il cellulare come fa?".
Emanuele Baldi