
Il commovente abbraccio tra il padre e due dei tre figli al Villaggio di Novoli
"Shukran! Grazie!". Lo ha ripetuto tutta la sera, ieri, appena arrivato a Villaggio Novoli. Lo ha detto agli operatori della cooperativa Il Girasole, ai vicini di casa, e guardando in alto verso il cielo. E poi una vicina, di origine marocchina, ha tradotto le sue prime parole con i bambini in braccio: "Vi siete presi cura della mia famiglia e io questo non lo dimenticherò mai", ha detto rivolto agli operatori.
È una storia che commuove quella dell’uomo che mercoledì, per la festa del papà, dopo sei mesi di lontananza ha potuto riabbracciare i suoi due figli nell’appartamento a Firenze, al Villaggio Novoli, dove sono ospitati. "Ho aperto gli occhi alle 6 e non capivo se stavo sognando o se era tutto vero...I miei bambini vicino a me e io qui con mia moglie", ha ripetuto ancora.
La famiglia, rifugiata da Gaza, si era dovuta separare: tre bambini, due maschi e una femmina, e la mamma sono arrivati a Firenze l’estate scorsa tramite i corridoi umanitari sanitari, e due dei piccoli, età uno e quattro anni, sono stati presi in cura al Meyer per una rara malattia genetica. Il padre invece era rimasto a Gaza. L’arrivo di quest’ultimo, tra l’altro proprio nel giorno della festa dei papà, consentirà di scegliere la cura migliore, come specifica l’Aou Meyer.
Mamma e figli erano stati assegnati dalla prefettura a una struttura di accoglienza per richiedenti asilo gestita dalla cooperativa il Girasole e poi hanno trovato alloggio in uno degli appartamenti del progetto Case Preziose grazie alla collaborazione con il Consorzio Fabrica. Nella valutazione su come curare i bambini, si è reso necessario fare alcune verifiche medico-sanitarie sul padre che quindi è potuto salire su un aereo dell’esercito Italiano: ieri è atterrato a Pisa e poi si è ricongiunto con i familiari.
I due bambini, spiega il Meyer, sono in cura presso il servizio di immunologia del pediatrico fiorentino: hanno "una grave malattia genetica caratterizzata da un grave deficit immunologico che li espone al rischio di infezioni molto pericolose".
Per loro, gli specialisti del servizio guidato dalla professoressa Chiara Azzari, "stanno valutando diverse opzioni terapeutiche tra cui il trapianto o una terapia genica: di qui la necessità sanitaria di fare arrivare il babbo per valutare l’eventuale compatibilità con i bambini e decidere il trattamento più adeguato per curarli al meglio". Per l’arrivo del papà, preciso l’Aou Meyer, è stato necessario un "lungo lavoro sotto il profilo burocratico che ha coinvolto il Servizio di assistenza sociale del Meyer e, come sempre accade in questi casi, la Fondazione Meyer ha sostenuto i servizi relativi all’accoglienza, come la mediazione linguistica".